06.10.2020
Sport
| Fitness
Sportivo e sedentario. A confronto…
Secondo appuntamento con la rubrica dedicata al fitness e al wellness. Che differenza c‘è tra lo sportivo e il sedentario?
di Chiara Valentini
Il primo fattore di distinzione è la conoscenza; il secondo l’esperienza.
Partiamo dalla prima; la conoscenza da comprendere non solo in termini teorici, ma anche in termini pratici, di sensazioni positive legate all’esercizio fisico e al benessere che ne deriva facendolo regolarmente.
Facciamo un esempio: chi fa attività sportiva ricava sensazioni di piacere che tenderà a ricercare ciclicamente e costantemente.
Approfondiamo: è scientificamente provato che svolgere attività fisica stimola la produzione di due ormoni: la serotonina, che è l’ormone della felicità e dona un senso di benessere, e la dopamina, che è l’ormone del piacere.
I due ormoni sono dei neurotrasmettitori che coinvolgono numerose funzioni celebrali, influenzando aree del cervello che governano emozione, motivazione e pensiero.
Il meccanismo è semplice: se provi piacere dopo aver svolto attività fisica, la dopamina invia segnali “positivi” al cervello, il quale tenderà per questo a ripetere il processo consolidando di fatto la buona abitudine di praticare sport ed ottenere dei risultati.
Gli stessi risultati ottenuti generano piacere, alimentano l’autostima e creano una sensazione alla quale non si vuole più rinunciare, alimentando oltretutto la motivazione a svolgere costantemente quell’azione.
Traducendo all’estremo il concetto, la persona che fa attività sportiva si automotiva perché è cosciente del piacere che ricava.
Il secondo fattore è legato al vissuto personale che determina appunto un’esperienza. Nel caso di un soggetto sportivo infatti l’esperienza vissuta sarà stata sicuramente positiva; questo perché sa riconoscere
esattamente le buone sensazioni legate all’ esercizio fisico, tanto da considerare l’allenamento parte integrante del suo stile di vita e della sua quotidianità; questa condizione probabilmente deriva ab origine da un programma di allenamento adeguato al suo livello di preparazione e allineato alle reali esigenze personali costruendo un modello applicabile e sostenibile per il soggetto tale da includere lo sport tra le attività che gli generano piacere.
Qual è invece la conoscenza di un sedentario?
Sicuramente conoscerà la teoria del “muoversi fa bene”, ma non potrà comprendere a pieno i benefici legati all’ esercizio fisico, poiché non praticando direttamente gli è preclusa quell’associazione alla sensazione di piacere. Il sedentario lo possiamo riconoscere in due casi:
1) la persona che non ha mai fatto attività sportiva per assenza culturale o per cause ambientali (l’educazione ricevuta non includeva il valore dello sport o magari il contesto economico familiare poco agiato non prevedeva l’attività sportiva come una priorità).
2) la persona che approccia allo sport saltuariamente o perché “obbligato” dalle inevitabili conseguenze causate dalla sedentarietà: sovrappeso, problemi posturali, inestetismi, apatia sociale.
Questi soggetti il più delle volte si avvicinano a questo mondo facendo qualcosa per sentito dire, improvvisano con un fai da te o con la falsa credenza (scoraggiante) di dover passare ore ed ore in palestra perché mal consigliati dall’esperto di turno.
E’ inevitabile che queste persone si ritroveranno a svolgere attività poco in linea con le proprie esigenze, associando così lo sport ad un’esperienza negativa. Tenderanno a perdere la motivazione ad iniziare un percorso sportivo sopraffatti da sensazioni negative di stress e disagio. Il benessere per loro non deriverà dal movimento ma dal cibo o da cose “più semplici” che innescheranno verosimilmente cattive abitudini.
Vi riporto un esempio:
Nella mia esperienza professionale di Consulente fitness mi è capitato di conoscere persone che volevano iscriversi in palestra altamente motivate ad ottenere un cambiamento fisico ( quindi con la volontà di dover dimagrire o tonificare), ma dopo anni di inattività volevano assolutamente iniziare con un’amica, la quale ovviamente dopo diversi anni di pratica aveva acquisito una resistenza fisica decisamente superiore; la stessa attività svolta da chi ha condizioni fisiche differenti provoca sensazioni diverse. Nel caso di una persona con una resistenza acquisita il senso di appagamento è percepito. Al contrario la troppa fatica, i dolori muscolari post allenamento e quel senso di inadeguatezza insinua l’idea di non essere all’altezza generando la categoria di coloro che si iscrivono in palestra e non frequentano perché non riuscendo a sostenere l’allenamento proposto vedono allontanarsi il raggiungimento dei risultati sperati e man mano
perdono la costanza.
Questa situazione si ripete più volte anche in diversi modi, come ad esempio nel caso di chi pur non avendo le dovute conoscenze si attribuisce autonomamente l’attività ideale per il risultato da raggiungere, senza che sia stato idoneamente programmato sulla propria fisicità o per il proprio livello di allenamento e di condizione fisica.
Il vero problema è che se questo si trasforma in un’associazione negativa, ogni volta che si proverà ad intraprendere un percorso di cambiamento anche iniziando a fare sport regolarmente, il cervello tirerà dal fuori dal cassetto l’esperienza passata cercando di evitare il ripetersi di una sensazione negativa.
Il sedentario vivrà quindi di preconcetti che come la parola stessa lascia intendere (pre-concetti) è basato su un qualcosa sviluppato prima di aver provato la giusta esperienza e quindi sostanzialmente privo di fondamenta; questo però può diventare un vero e proprio ostacolo nel processo decisionale, attivando una condizione di continua ricerca di segnali insignificanti e problemi limitanti come non avere tempo, non essere costante, non essere idoneo, la palestra non serve a nulla..
I numeri legati alla percentuale di sedentari sulla popolazione italiana dimostrano quanto è difficile cambiare uno stile di vita; le persone che non fanno sport si stimano essere intorno al 70%, un numero importante che deve rendere consapevoli noi operatori di fitness e benessere del grande impegno che dovremmo assumerci nei confronti di questa società.
Credo che noi professionisti del settore abbiamo il grande privilegio di poter invertire il senso di marcia, diffondendo con nozioni e concretezza il giusto concetto di allenamento, motivando anche la persona più restia ad iniziare la pratica sportiva. Lo Sport è democratico; non crea preferenze, non fa distinzioni di età, di livello o di abilità; tutti possono diventare sportivi purché siano guidati ed orientati gradualmente al giusto allenamento basto sull’unicità della singola persona.
So che questo bellissimo intento è al quanto utopistico; penso anche che se ognuno di noi intraprendesse questa professione con la giusta sensibilità potremmo aumentare in modo esponenziale le possibilità di convertire un sedentario alla pratica sportiva, e con il tempo abbassare quel tasso di sedentarietà, che include oltretutto persone con serie problematiche di salute.
C’è bisogno sempre più di professionisti che abbiano CONOSCENZA, ESPERIENZA e la VOLONTA’ di migliorarsi costantemente, consapevoli di essere i portatori di un messaggio che va oltre l’idea di far iniziare la pratica sportiva per alimentare il proprio business, passando al livello superiore di insinuare nelle persone un concetto ”educativo” come quello di prendersi cura della propria salute, fisica e mentale, anche attraverso lo sport.
Pertanto la conoscenza del professionista deve includere oltre agli argomenti inerenti i benefici e le tecniche di allenamento, anche la padronanza delle idonee tecniche di comunicazione utili a farci comprendere gli atteggiamenti e i pensieri che si nascondono nella mentalità di chi vogliamo stimolare. Se manca la comprensione delle problematiche che la persona cerca di trasmetterci non potremo mai avere la possibilità di aiutarlo con la giusta soluzione; che tu sia un CONSULENTE o un TRAINER, l’arte del saper comunicare ti avvicina alla persona che vogliamo guidare.
Per comunicazione intendo sia quella che emettiamo attraverso parole e comportamenti, sia quella che riceviamo da altrettante parole e comportamenti. Quando questo doppio passaggio di emissione e ricezione diventa efficace e comprensibile, l’arte del saper comunicare produce i risultati il messaggio diventa efficace.
Per diventare abili comunicatori è necessario essere autocritici e domandarsi se siamo veramente capaci di trasmettere un messaggio. Poniti questa domanda: “Quando emetto un messaggio o attuo un comportamento per ottenere un risultato, ho sempre (o quantomeno spesso) il responso desiderato?”.
Allo stesso modo quando parlo di ESPERIENZA del professionista non mi riferisco solo a quella inerente alla pratica sportiva, ma anche a quella maturata nel percepire i bisogni che spingono le persone ad avvicinarsi al mondo dello sport. Anche l’esperienza diretta vissuta a contatto con le persone ci aiuta a capire qual è la mentalità che si nasconde dietro i processi decisionali, quali sono i veri limiti o la giusta leva motivazionale che innesca un processo orientato alla pratica sportiva e alla costanza dell’allenamento.
In questo caso per capire quanto sei esperto della tua professione e quanto le tue azioni incidono nella promozione di un miglioramento dello stile di vita, chiediti:
“Quante volte sono stato costretto a utilizzare scontate leve commerciali per convincere i clienti ad iscriversi, invece di utilizzare leve motivazionali che spingono all’ acquisto e avvicinano persone al servizio in maniera più coerente e sincera?”
Dobbiamo avere tutti VOLONTA’. Soprattutto quella di migliorarci costantemente come professionisti, con l’idea di investire sempre sulla propria formazione e non dare nulla per scontato poiché in qualità di operatori del benessere abbiamo la possibilità di contribuire portando in alto i valori dello sport.
Il primo PASSO facciamolo noi migliorandoci costantemente per essere parte attiva del cambiamento.
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