16.12.2015
Sport
| Fitness
Dalla Commissione tributaria del Veneto un nuovo riconoscimento alla pratica del fitness
Una importante vittoria per il mondo del fitness nei confronti dell’Agenzia delle Entrate che ha sempre contestato la natura sportiva delle attivita' delle associazioni sportive dilettantistiche soprattutto operanti nel mondo del fitness, partendo da presupporti che ASI ha sempre ritenuto errati.
La Commissione tributaria regionale del Veneto ci ha dato ragione con sentenza n. 1708/15 dell’11/11/2015 dove si affermache il fitness è un’attività sportiva a tutti gli effetti e che l’Agenzia delle Entrate ha errato nel ritenerla commerciale.
“L’Ufficio – si legge nella decisione – non ha considerato che l’ASD era stata riconosciuta dal Coni, unico ente certificatore in materia, come associazione sportiva dilettantistica, attestando quindi che l’attività prevista dallo statuto, il fitness, sia attività sportiva”.
L’importante decisione è stata resa a favore di un'associazione sportiva dilettantistica affiliata al Comitato regionale ASI Veneto, difesa dall’avv. Biancamaria Stivanello (Qui il suo articolo uscito sulla testata giornalistica Fiscosport a commento della sentenza).Tale associazione sportiva dilettantistica era ed è operante nel settore Fitness con attività individuali nonché attraverso corsi collettivi nelle tipiche discipline del centro fitness che sono state ricondotte alle attività didattiche e di avviamento allo sport.
Sull’esito favorevole della lunga battaglia con il fisco ha senz’altro avuto un ruolo determinante l’affiliazione ad ASI, Ente di Promozione Sportiva che per primo, fin dal 2010, su iniziativa del Presidente della Consulta Nazionale Andrea Albertin, aveva espressamente riconosciuto con delibera di giunta la pratica del fitness quale “attività sportiva di base, promozionale e dilettantistica idonea a tutelare la salute e il benessere dell’individuo e a svolgere un importante ruolo di attività sociale e sportiva”.
Inoltre la sentenza d’appello, nell’accogliere integralmente le ragioni dell’associazione, ha affermato anche che “le contestazioni che erano state rivolte dall’Agenzia delle Entrate sulla democraticità della struttura e sulla pratica di tariffe differenziate non determinano la perdita dei benefici”.
I giudici tributari d’appello hanno precisato che la scarsa partecipazione alle assemblee non è indice di attività di impresa perché si tratta di un fenomeno normale in questo tipo di associazioni; importante è che gli associati abbiano la consapevolezza di partecipare al sodalizio e nel caso in esame tale circostanza era stata provata dall'associazione affiliata ASI raccogliendo e depositando specifiche dichiarazioni degli associati.
Hanno rilevato poi che le quote differenziate per i servizi offerti non sono indice di commercialità posto che i prezzi erano, nel caso in esame, quantificati nell’ottica di realizzare la copertura delle spese e non un utile: “è impensabile – come dice la CTR – fare prezzi uguali anziché differenziati per tutte le prestazioni, diverse per natura ed intervento oneroso di istruttori e diverse per durata”.
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