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19.08.2015

Sport

| Basket

Spariscono i Generals, la squadra più perdente dello sport

Grazie, non ci servite più. Non lo sapevano, i Washington Generals. No, non sapevano che dopo 60 anni e oltre 16 mila batoste sul campo – assoldati e remunerati per essere semplici sparring partner a perdere – ci può essere in agguato una sconfitta perfino peggiore di quelle di routine: la sparizione. Decisa, e questo è il lato perfido, grottesco e paradossale della storia, da chi ti teneva in vita per alimentare il proprio mito: parliamo degli Harlem Globetrotters, un manifesto del basket che resiste anche all’esplosione planetaria della Nba; i prestidigitatori della palla a spicchi che sono riusciti addirittura ad arruolare Jesse Owens, il re nero dell’atletica, quattro medaglie d’oro davanti a Hitler ai Giochi del ‘36. 

Ultima partita, e ultima sconfitta, l’1 agosto. Poi, sipario sulla squadra più perdente dello sport. Ad ogni modo, pare che gli Harlem adesso desiderino misurarsi con avversari «autentici». Di mezzo, of course, un mucchio di quattrini: quando ricavi 40 milioni di dollari in un anno (dati 2013) con una crescita esponenziale certificata da Forbes, è meglio non scherzare con i falsi. Così John Ferrari, padrone, allenatore, manager dei Generals, ha ricevuto la telefonata di licenziamento e sul sito web ha messo un annuncio che sa di necrologio: «Ringraziamo tutti quanti hanno tifato per noi». Manca il requiem, ma fa lo stesso. Peraltro i Washington Generals – che poi non sempre si sono chiamati così, essendo stati anche Boston Shamrocks, New Jersey Reds, Baltimore Rockets o Atlantic City Seagulls – avranno mai avuto dei sostenitori? Difficile pensarlo. Nei pochi minuti di show (show?) a loro concessi, la gente se ne stava muta.

E le loro apparizioni erano al limite del mobbing: entravano in campo, subivano i canestri e le angherie degli Harlem (dalle prese in giro in palleggio alle braghe abbassate a tradimento), perdevano e salutavano. Era funzionale pure questo a far risaltare il talento di maghi come Meadowlark Lemon, Reece «Goose» Tatum, Fred «Pelato» Neal, Marquis Haines, Hubert «Geese» Ausbie , Jamario Moon, Wilt Chamberlain (che nella vita cestistica «vera» segnò 100 punti in un incontro Nba), icone di una formazione che si è esibita perfino allo stadio Lenin davanti a Nikita Kruscev e al Politburo sovietico oltre che, in privato, al cospetto di tre Papi, Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI. 

Capitò solo una volta che la storia non andò secondo copione: una sera del 1971 in Tennessee gli Harlem scherzarono troppo, andarono sotto di 12 a 2 minuti dalla fine e persero 100-99 nonostante la sirena suonata in ritardo. Dopo 2495 k.o., i gialloverdi avevano battuto l’avversario che ha trasferito la bandiera degli Usa sulla divisa da gioco: «I tifosi ci guardarono come se avessimo ucciso Babbo Natale», osservò Louis Klotz il loro fondatore. 
Poveri Generals, ci mancheranno. Ma non è detto che un giorno i Globetrotters non si pentano di averli «killerati»: magari si scoprirà che la loro fama non era slegabile dal ridicolo mandato in campo da quei remissivi mestieranti. 

Fonte: Corriere.it

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