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14.02.2023

Istituzionale

Jacopo Volpi. Una vita in Tv, tra passione e grandi maestri

Un premio diverso dagli altri che vuole richiamare l’attenzione sui valori ideali dello sport. Tante le emozioni nel corso dell’ultima edizione che vogliamo continuare a raccontare sui nostri Media. Attraverso lo strumento delle interviste. Un premio che quest’anno è iniziato con un minuto di silenzio. Il conduttore Jacopo Volpi si è raccontato.

L’intervista a Jacopo Volpi ⬇︎

Jacopo Volpi, giornalista Rai, appena reduce dalla conduzione dell’ultima edizione del Premio ASI Sport&Cultura, è diventato ormai un punto di riferimento per il nostro Ente.

La foto di apertura di questa intervista ti vede vicino a un decano del giornalismo italiano, Italo Cucci. “Un grande collega, un amico. E’ ancora tra i numeri uno e questa la dice tutta”.

Cosa ti lega al nostro Ente? Mi lega una storia ormai di 40 anni abbondanti, perché ho avuto il piacere di giocare con una squadra che prima si chiamava Fiamma con la quale ho disputato tornei molto importanti, come il torneo Vianello. Con quel team abbiamo anche fatto la Terza Categoria e poi, dopo la mia uscita, la squadra è arrivata fino alla Promozione. Mi piace lavorare con ASI perché è un bel gruppo, solido, forte, fatto di ideali importanti che ha la giusta cognizione dello sport, sia per quello che rappresenta lo sport diciamo di alto livello, quello agonistico, sia per quanto riguarda l’attività di base a tutti i livelli. Per quanto riguarda Sport&Cultura, si tratta di un premio che lega lo sport alla cultura un binomio, questo, di straordinaria forza comunicativa”.

Un personaggio, tra i tanti che hai visto sfilare al Salone d’Onore del CONI che ti piace ricordare. “Il premio alla carriera a Gian Piero Galeazzi. È stato un momento di grande emozione. Fatico ancora adesso un po’ a parlarne, perché c’è un tempo per i ricordi e poi c’è un tempo per emozionarsi. Ho lavorato 40 anni con Giampiero, mi ha fatto impazzire, però mi ha fatto anche divertire tanto. Senza mai spiegarmi niente, guardandolo, ho imparato un sacco di cose; era divertente e poi c’era la parte più bella e più goliardica: il dopo lavoro, nel senso la cena dopo la trasmissione, la cena durante la trasferta, le 10, 100 battute più belle sono state sempre le sue. Momenti bellissimi che ci hanno fatto amare ancora di più questo lavoro, Giampiero era veramente un fuoriclasse.
Qualche aneddoto di Giampiero? Ce ne sono a migliaia. Uno su tutti, era il 2000, ad un certo punto quando la Lazio vinse lo scudetto, fu molto divertente quando mi telefonò il curatore degli internazionali di tennis e mi disse che Galeazzi aveva abbandonato la sua postazione durante una finale di tennis al Foro Italico. Per fortuna era tutto registrato, ma fece una cosa da licenziamento: si portò via l’operatore, arrivò fino alla curva, salì le scale e non fece il servizio lui direttamente perché il servizio erano i tifosi felici. Raccontò la lunga attesa dei laziali prima che finisse la partita di Perugia e alla fine erano proprio i tifosi che intervistavano Galeazzi e lo abbracciavano felici. Lui era andato a festeggiare con loro
“.

Una fantastica formazione Rai agli Europei 2008 schierata intorno a Gian Piero Galeazzi. Da sinistra, Sandro Mazzola, Italo Cucci, Paola Ferrari, Carlo Longhi, Mario Mattioli, Marco Civoli, Daniele Tombolini e Jacopo Volpi

Come è iniziata la tua carriera giornalistica? “Io sono entrato in Rai perché mio padre era amico di Paolo Rosi, grandissimo telecronista. Gli davo il cordoglio sulla spiaggia, quando finalmente diventai giornalista pubblicista perché già collaboravo con il Tempo, con Tuttosport, con l’ufficio stampa della pallavolo, mi portò a parlare con Tito Stagno e mi fecero fare un periodo di prova. Poi arrivarono i primi contrattini, dopo 6 anni da ‘abusivo’, in pratica, sono riuscito poi ad esser assunto. Da lì è iniziata tutta la mia carriera”.

Sport di vertice e professionistico dal tuo punto di osservazione? “La differenza tra il professionismo con lo sport di base la conosco bene, perché l’ho fatto, perché essendo stato un atleta abbastanza mediocre, lì sono rimasto. Ovvero praticavo lo sport di base, lo sport di paese, quello di provincia. Mi sono divertito fino alla serie C di pallavolo, poi a calcio. Poi quando accompagni i figli a sport, capisci tante altre cose. Sullo sport di base si è fatto tanto, ma si deve ancora fare molto. ASI da questo punto di vista sono convinto che abbia le idee molto chiare perché mette prima lo sport di base davanti a tutti e a tutto. Non si diventa professionisti senza prima esser passati da lì. Non si formano corpo e mente senza l’attività sportiva”.

A proposito dell’associazionismo, questa pandemia che ha colpito tutto il Paese e in generale il mondo, ha messo in ginocchio lo sport dilettantistico. Uno dei settori che più di tutti ha subito la crisi. Impianti chiusi, piscine, palestre, imprenditori in difficoltà… “Sicuramente gli Enti di promozione sportiva come ASI hanno fatto tanto per tenere alta l’attenzione sul tema. E’ stato un vero massacro per quel che riguarda lo sport di base, perché per esempio il calcio è riuscito a ripartire in qualche modo, dopo una sosta di qualche mese. Ma per lo sport ‘minore’ i problemi sono stati tanti e sono ancora tanti. Oltre la pandemia, serve che il Governo vari delle leggi specifiche e che dia dei contributi seri, importanti, che curi tutti gli impianti, perché l’impiantistica è fondamentale per tutto il movimento”.

Tempo di guerra, sono state inflitte le sanzioni alla Russia, hanno pagato anche atleti paralimpici, tanti sacrifici sono andati in frantumi… “Una cosa che a me non è piaciuta, anche se probabilmente non si poteva fare diversamente. Io, se fosse stato possibile, per quegli atleti avrei fatto un’eccezione in questo senso. Erano già in Cina sul posto, tutti pronti, 4 anni di allenamenti. Bisogna farli gareggiare, fare qualcosa in più e non mandarli a casa per colpe non proprie”.

Durante il Covid ASI è stata promotrice di varie iniziative per spingere le persone a non mollare, a sostegno dello sport di base: challenge con personaggi famosi, striscioni sui ponti più importanti di Roma con la scritta ‘lo sport merita rispetto’ e tanto altro. Cosa pensi? “Tutte grandi iniziative, bisogna fare la famosa ‘goccia’, farlo un giorno, quello dopo e quello dopo ancora per essere credibili e ASI lo ha fatto, ottenendo anche qualcosa di concreto grazie anche alla caparbietà del presidente Claudio Barbaro che è riuscito a sensibilizzare anche il governo. C’è però ancora chiaramente tanto da fare. Lo sport di base deve ancora ricevere, deve essere una priorità. Stesso discorso per l’impiantistica, i centri sportivi, le piscine”.

Il lavoro, le medaglie che vinciamo alle Olimpiadi partono dal mondo dell’associazionismo. Credi ci sia percezione di questo? “Assolutamente, parte da lì, dalla base. Dai meravigliosi volontari che definisco ‘professionisti a costo zero’, spesso migliori di alcuni professionisti che abbiamo conosciuto sulle nostre strade e che non riescono a fare nulla di buono. Quindi sì, parte da lì e da lì deve tornare”.

Momento generale per lo sport italiano. Come lo giudichi? “Il vertice sta andando abbastanza bene, le 40 medaglie delle Olimpiadi sono state fantastiche così come le più di 70 vinte dai nostri atleti paralimpici a Tokyo e lì è stato qualcosa di eccezionale, senza fare retorica. Poi le cose stanno andando discretamente, abbiamo vinto gli Europei di calcio, certo è che non qualificarci al Mondiale per la seconda volta consecutiva è stata una bella botta. Questo però non deve inficiare il buon lavoro fatto finora”.

E’ iniziata per te una nuova avventura, quella di ‘Atuttocalcio’. “Il nuovo appuntamento settimanale di RaiSport, che da venerdì 30 settembre va in onda su Rai 2, alle 23.00. Una trasmissione divertente. Parliamo di cosa è accaduto in settimana e di cosa avverrà. Copriamo gli eventi del venerdì sera, ci sono interviste, pezzi di colore, dibattiti in studio. Pecci e Nela sono opinionisti fissi”.

Fino allo scorso anno, invece, la Domenica Sportiva. Ci racconti come si sviluppava? “Partiva tutto il lunedì mattina, con un’occhiata agli ascolti. Il martedì si faceva una prima riunione, per confermare gli ospiti. Avevamo opinionisti forti per supplire al fatto che difficilmente gli ospiti del mondo del calcio venivano a studio. Nel 2006 riuscivo a portare tutti i giocatori, allenatori. Ora non è più possibile e non esiste cifra che riesca a convincerli. Poi durante la settimana, come conduttore, ero sempre molto attento a quello che accadeva, leggevo molto, cominciando a pensare alla puntata, a quali posticipi andavano in scena, a scegliere qualche ospite che sapesse di sport ma non necessariamente legato a quel mondo. Tognazzi, Neri Marcorè ad esempio. Gente di confine che a noi faceva sempre piacere. Poi ci rivedevamo il venerdì, per mettere a punto la scaletta Chiaro è che poi la domenica alle 8 può cambiare tutto. Perché, magari il Catanzaro vince a Torino con la Juventus…”.

Un passo indietro: che ricordi hai di un’altra epica trasmissione RAI? Novantesimo minuto. “Nel mio ufficio c’è ancora la copertina del Radio Corriere Tv che ricorda quella trasmissione. Nel modo più giusto, con una foto degli inviati tutti intorno a Paolo Valenti. Ricordi bellissimi con dei colleghi che sono diventate delle icone. Valenti non era, secondo me, dispiaciuto che qualche errore gli inviati lo facessero durante i collegamenti. Era anche questo parte del segreto della trasmissione. Andavamo a braccio nel commentare le immagini che erano montate a Milano o a Roma. Iniziai nel 1984″.

 

A partire dalla tua giovinezza, tre monumenti dello sport sempre nel cuore. “Io sono un malato della pallavolo, quindi dico Gianni Lanfranco, per il calcio vorrei avere la maglietta di Gigi Riva con i 4 mori del Cagliari e i laccetti e sul terzo dico Andrea Lucchetta ma anche le emozioni di Pietro Mennea non si dimenticano”.

Tre monumenti del giornalismo e anche tre punti di riferimento. “I miei riferimenti sono stati Paolo Rosi per le telecronache, Sandro Ciotti per tutto e Sandro Petrucci che è stato il mio secondo padre, ma poi cito anche Alfredo Pigna, un altro fuoriclasse. Monumenti del giornalismo per me sono Sergio Zavoli, Enzo Biagi e anche Indro Montanelli che in venti righe riusciva a scrivere meglio di qualunque altro”.

 

 

Paolo Signorelli  ]

 


Ricordando l’edizione 2022 di Sport&Cultura…
Le precedenti uscite⬇︎

1 • Il resoconto dell’evento
2 • La storia di Marco Rossato primo velista paraplegico a circumnavigare l’Italia in solitaria
3 • L’intervista a Cristiana Pedersoli, nel ricordo di Carlo Pedersoli, il Gigante buono
4 • Mario Sconcerti raccontato da Maurizio Catalani

 

 

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