22.06.2018
Meglio avere un ministero dello sport o un delegato allo sport?
A pochi giorni dalla nomina dei viceministri e dei sottosegretari che completano la squadra del governo Conte, appurata l’assenza nella creazione di un Ministero dello Sport, viene da chiedersi se la scelta di affidare ad una persona la delega per questo settore sia la migliore soluzione per la crescita e lo sviluppo dell’intero movimento.
La domanda potrebbe sembrare paradossale per chi come noi di ASI ha sempre sostenuto la necessità di avere un centro politico con capacità legislativa, cardine di un nuovo modello strutturale e funzionale di sport. Un soggetto in grado di affiancare il CONI e di porsi con autorevolezza in modo dialogico nei confronti di quest’ultimo, cosଠda predisporre una linea politica dietro cui si intraveda nitidamente una visione dello sport e del suo valore e si decodifichi un percorso finalizzato allo sviluppo.
Un Ministero dello Sport – come si é più volte detto – impegnato nella costruzione di un rapporto di proficua relazione con le autorità locali, viste non come terminale passivo di decisioni ma come centro propulsore di confronto e proposta, e come rappresentanti responsabili dell’autorità centrale.
In realtà¡ la nostra posizione rimane la stessa: continuiamo ad auspicare un Ministero dello Sport come perno di un rinnovato sistema sportivo. Tuttavia, constatando come nel recente passato vi sia stata una struttura enfaticamente chiamata Ministero, ma in realtà prima di risorse e di indirizzi strategici, riteniamo che una semplice delega presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – se ben esercitata – possa produrre risultati più efficaci.
Il Ministero del ministro Lotti, infatti, era lontano dall’essere quello che noi desideravamo. Certamente le tempistiche in cui é stato costruito e il clima politico all’interno dell’allora forza di maggioranza di governo – il PD – non hanno aiutato. Tuttavia, certo non possiamo dirci soddisfatti dell’operato complessivo. Sono stati bypassati luoghi di sintesi e mediazione di istanze, costituzionalmente previsti; sono state preservate esigenze esistenti, a discapito di altre emergenti, e sono stati avvallati interventi spot e non organici nel settore.
Limitarsi ad essere portavoce delle istanze CONI – per quanto comprensibile – non é sufficiente per tornare a far splendere il nostro modello di sport.
Noi sogniamo qualcosa di più. In quello che pensiamo possa davvero essere un governo del cambiamento – giacché presenta tutta una serie di caratteristiche oggettive che lo rendono un unicum nella storia repubblicana – pensiamo che sia più giusto delegare ad una persona il compito di rivedere organicamente il sistema sportivo, all’interno di un consesso politico – la Presidenza del Consiglio dei Ministri – che lo legittimi nel cercare appoggio e sintonia trasversali. Già perché solo sensibilizzando il governo sull’importanza dello sport come elemento di welfare (salute e lavoro), come mezzo di educazione alla democrazia che si deve imparare da piccoli (istruzione) e come volano di crescita economica e territoriale (economia, sviluppo economico e affari regionali), possiamo sperare di arrivare ad una riforma dello sport cosଠcome l’auspichiamo da tempo. Una riforma – come abbiamo già detto nel precedente editoriale – che poggerà su una legge quadro tanto ambiziosa quanto fondamentale per il nostro paese.
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