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16.11.2015

Istituzionale

Quello che ASI e lo sport possono fare per Parigi e l’Occidente

ASI Associazioni Sportive e Sociali Italiane e' un Ente di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI che crede fortemente nello sport come mezzo di aggregazione e come strumento di integrazione sociale. Due aspetti che, purtroppo, gli attentati terroristici di Parigi hanno dimostrato essere centrali.

E'  stato lo Stade de France ad essere colpito per primo. Come accaduto in passato – ad esempio durante la maratona di Boston dell'aprile 2013, quando un ventunenne musulmano di origine cecena piazzò due ordigni nei pressi del traguardo causando la morte di 3 persone e il ferimento di almeno altre 264 –  l'evento sportivo capace di richiamare atleti e pubblico, saldati dalla passione sportiva, diventa bersaglio privilegiato.
Tre terroristi hanno, infatti, scelto il grande impianto da 81mila posti nel quartiere di Saint-Denis come primo luogo del loro piano terroristico, finalizzato a gettare nel terrore la capitale francese e tutto l'Occidente, rei di aver invaso il Medio Oriente (e probabilmente di aver sconvolto gli assetti di potere presenti) a partire dalla guerra in Iraq, fino a quella recente in Siria.
Hanno colpito uno stadio perchè lì erano certi di trovare persone, dunque di poter ucciderne molte, godendo di un palcoscenico importante, quello dei grandi eventi sportivi. E, per terroristi alla ricerca continua di strumenti capaci di amplificare e diffondere il loro messaggio di morte e distruzione, quale migliore situazione? 

Ma lo sport non è solo strumento di aggregazione – nè tantomeno solo spettacolo: lo sport è anche e soprattutto educazione al rispetto delle regole e degli altri. E qui veniamo all'altra convinzione di cui ASI da anni si fa portavoce: lo sport come leva di inclusione sociale.

Gli attentati di Parigi dimostrano che il modello culturale che la Francia (e l'Occidente) hanno scelto per plasmare società sempre più multietniche e multireligiose è imperfetto. A prescindere che si tratti di uno scontro tra civiltà o di uno geopolitico interno al Medio Oriente, in cui la religione è solo un'arma di distrazione di massa, è evidente come l'integrazione tra culture diverse non è avvenuta.

E cosa c'entra lo sport direte voi? Forse lo sport non è stato sfruttato abbastanza (in Francia, come in Europa) come strumento di integrazione – uno dei tanti s'intende. Forse, nell'ambito dei modelli educativi, un più ampio e strutturato utilizzo dell'attività sportiva come momento di incontro e confronto aiuterebbe a vivere la diversità in modo pacifico e rispettoso. Per non parlare poi di come lo sport abitui naturalmente a stare in un gruppo in cui valgono delle regole e in cui esistono ruoli codificati e accettati per un bene (laico) superiore. 

In altre parole noi di ASI crediamo che la democrazia e la civiltà nascano e si consolidino anche grazie allo sport, in modo forse più spontaneo e meno forzato rispetto ad un tentativo para-commerciale di esportazione. Per questo, lungi dal voler giudicare il merito di come la Francia (e l'Europa) abbia agito in questi anni sia sul piano politico che su quello sociale, vogliamo (provocatoriamente) inserire nel dibattito questa riflessione. Perchè siamo certi che, guardando a casa nostra, questo non è stato fatto abbastanza. Il ricorso allo sport come mezzo di inclusione sociale resta purtroppo confinato in inziative e bandi ministeriali, poco conosciuti e dalle limitate conseguenze.

Forse la ricchezza e la molteplicità degli spunti di riflessione – come quello che in questo caso ASI sta mettendo in campo – possono aiutare a trovare una soluzione adatta ad una situazione sicuramente complicata. 

 

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