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18.08.2020

Istituzionale

L’Italia si riscopre su due ruote

Il Coronavirus, e la paura generalizzata di usare i mezzi pubblici, hanno dato la spinta per tornare a usare la bicicletta nei centri urbani. Un vero e proprio boom a cui ha dato ulteriore impulso l’incentivo statale all’acquisto che ha portato ad una crescita esponenziale delle vendite.

 

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Dall'inizio dello scorso secolo, fino ai successivi 50 e più anni, la bicicletta è stata la regina dei mezzi di trasporto individuali in Italia. Agli inizi del '900 una bicicletta era un lusso per molti, e chi la possedeva aveva il vantaggio di spostarsi più velocemente e più distante, quindi ad esempio di trovare un lavoro migliore. Con l'utilizzo sempre più intenso delle due ruote a pedali, da mezzo di trasporto la bicicletta si è anche trasformata in strumento da competizione. Le corse in bici hanno iniziato a propagarsi con il crescente numero di mezzi venduti. Chi la utilizzava per andare al lavoro o per spostarsi in generale, anche senza volerlo si allenava. E così il ciclismo ha iniziato a fiorire sfornando subito le prime grandi leggende, come Girardengo, Coppi e Bartali. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, il mezzo è talmente prevalente nella società italiana (ma lo è anche negli Stati Uniti, in Francia e Olanda ad esempio) che lo usano tutti: lavoratori, forze dell'ordine, sportivi e poeti, letterati, musicisti e cineasti decantano e rappresentano la bicicletta su pellicole. Era talmente importante per la stessa sopravvivenza di milioni di persone, che uno dei padri del neo realismo cinematografico, Vittorio De Sica, impernierà (e gli intitolerà) il suo capolavoro assoluto: “Ladri di biciclette” (1948). La bicicletta rappresentava quasi tutto e in Italia, negli anni del dopoguerra, ne circolavano circa 3 milioni. Negli anni seguenti, complice anche l'inizio della ripresa economica nella fase post ricostruzione, la bicicletta diventa anche oggetto di svago. Le donne la usano per fare passeggiate in compagnia, le famiglie le utilizzano per gite fuori porta e in vacanza in molti la usano per divertimento. Poi arriva il periodo del boom economico, gli Anni '60, e pian piano l'automobile diventa il mezzo di trasporto, e svago insieme alla Vespa, dominante nella società italiana. Una piccola ripresa nell'utilizzo della bici si è avuto nei primi Anni '70, complice la crisi petrolifera ed economica che vietano l'utilizzo delle automobili alla domenica. Così gli italiani la riscoprono, ma è un amore che dura poco.
IL NUOVO BOOM
Dagli anni '80 in poi, la bicicletta è vista più come simbolo dello sport che mezzo di trasporto, anche se i ragazzini e i teen-ager la usano a larga maggioranza, molto di più dei motorini per intenderci. Il dibattito iniziato più di 30 anni fa e di recente sempre più acceso sul tema dell'inquinamento ambientale causato dallo smog dei mezzi a motore, ha dato qualche vantaggio alla bicicletta. In diverse metropoli europee le due ruote sono tornate protagoniste nei primi anni del nuovo millennio, e anche in Italia di recente si è sono fatte strada, soprattutto a Milano e, in parte, a Roma. In questi mesi, invece, si sta assistendo a un nuovo boom delle biciclette (e in generale dei vari mezzi a due ruote senza motore). La causa, ahinoi, è la pandemia scoppiata a causa del Covid-19. Tra il fatto di non poter essere totalmente sicuri (finché non ci saranno un vaccino e una cura efficaci) di viaggiare sui mezzi pubblici e in automobile con più persone, e le più o meno comprovate teorie della diffusione del virus nelle aree maggiormente industrializzate e nelle metropoli, la bicicletta è tornata protagonista in un tempo rapidissimo. Il 20 aprile scorso, poi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha consigliato, attraverso la distribuzione di un vademecum, l'utilizzo della bicicletta per gli spostamenti dei lavoratori durante il periodo di lockdown. Anche per riprendere l'attività motoria durante la fase di chiusura dei centri sportivi, la bicicletta è stata considerata come mezzo ideale per bruciare calorie e tonificarsi. Il Governo italiano, cavalcando l'onda, ha iniziato a dare una spinta importante al settore delle due ruote stanziando un “bonus mobilità” da 120 milioni di Euro. Il risultato? Un boom di vendite di biciclette e anche di monopattini. In realtà, grazie anche al buon successo riscontrato da qualche anno dalle biciclette con pedalata assistita e dalle city bike, nel 2019 le vendite del settore avevano fatto registrare il primo segno più dopo più di un decennio. Ma non così imponente come accaduto in poche settimane dall'uscita del bonus.

IL BONUS IN PILLOLE
In sostanza, come accade già nel 2009, il Governo ha previsto un rimborso pari al 60% del prezzo di un nuovo mezzo a due ruote senza motore a scoppio (quelli elettrici rientrano nel bonus), fino a un massimo di 500 Euro sul quale applicare il rimborso. Se si calcola una media, diciamo che lo stanziamento potrà soddisfare 400.000 nuove biciclette o mezzi a due ruote che abbiano simili caratteristiche. Il limite imposto riguarda i destinatari del bonus, al quale vi potranno accedere soltanto i cittadini maggiorenni di quei comuni con oltre 50.000 abitanti, i dati e le previsioni fanno intuire che lo stanziamento non basterà. Si, perché appena entrato in vigore, le file per acquistare una bicicletta hanno iniziato a vedersi ovunque, soprattutto nelle grandi città. In un solo mese, dalla riapertura dei negozi di biciclette, l'incremento di vendite è salito da percentuali minime (come a Bologna, città dove il mezzo era già ampiamente usato dalla popolazione) ad altissime, in alcuni casi anche del 30%. Il settore ritiene comunque che per il 2020 si registrerò un incremento superiore a quello avuto nel 2019 (7% con 1,7 milioni di biciclette vendute), l'anno della ripresa. Un trend importante, dunque, che favorirà anche il lavoro dell'indotto, dai meccanici ai ricambisti fino a chi da anni punta su un turismo sostenibile.

BIKE ECONOMY E SPORT
Ora, che sia abbastanza prevedibile il fenomeno temporaneo dovuto e al bonus e alla situazione legata alla pandemia, non siamo noi a dirlo, ma la storia, che ci insegna da sempre la ciclicità di un prodotto. Legato a una moda, a un'esigenza, a un'innovazione che sia, ci sarà sempre una fase di crescita e poi di decrescita o addirittura di abbandono. Ma in previsione quanto potrebbe favorire questa situazione la cosiddetta bike economy e quanto ne potrà beneficiare la pratica sportiva? Tra qualche anno avremo ciclisti ovunque? Sforneremo nuovi campioni come fosse acqua che scorre in un fiume?

PAROLA ALL'ESPERTO
L'attenta analisi la affidiamo a Gianluca Santilli, noto avvocato romano, Presidente dell'Osservatorio Bike Economy, appassionato ciclista sportivo, ideatore e organizzatore della Granfondo Roma e autore del primo libro in Europa sulla bike economy. Insomma, uno dei massimi esperti europei di bike economy e di mobilità sostenibile, oltre che di ciclismo sportivo.
“Partiamo dal fatto che il ciclismo ha un vantaggio enorme: è l'unico sport che ha dietro di sé un'economia che vale miliardi di Euro. E' un'economia che si rivolge solo per il 5% al mondo sportivo agonistico, e proprio per questo potrebbe contribuire in modo straordinario a consentire al ciclismo di trovare partner commerciali fuori da quelli di settore, dunque la bike economy sarebbe un gran vantaggio. Il ciclismo, ricordiamocelo, non è uno sport mediatico come calcio e tennis ad esempio, quindi le fonti di finanziamento negli anni si sono ridotte notevolmente. E con uno sviluppo della mobilità sostenibile, ne beneficerebbe davvero molto. Così come ne beneficerebbero città e nazioni a livello economico. Perché qui parliamo di un'economia tutta sostenibile, perché non si parla solo della vendita del mezzo, ma ad esempio del cicloturismo che, dati alla mano, in Europa vale attualmente 50 miliardi di euro. Di questi, la Germania ne genera 20, l'Italia solo 4. Basta pensare che in alcune località italiane famose per lo sci, i fatturati degli ultimi anni sono in maggioranza dovuti al cicloturismo estivo rispetto a quello invernale con lo sci. Regioni come il Lazio o l'Abruzzo, che hanno bellezze infinite rispetto alle regioni tedesche e centinaia di percorsi adatti al cicloturismo, se puntassero sul turismo lento, esperienziale, quello di chi si sposta con la bicicletta, incrementerebbero l'economia in maniera esponenziale. Tra l'altro, in questa fase, il distanziamento fisico lo hai naturale perché in bici si è distanti: insomma, sarebbe un volano pazzesco. Il vero volano economico, però, è rappresentato dalla mobilità urbana. Oggi, poi, con lo smart working, le persone sono più predisposte per gli spostamenti in bici. La mobilità smart valorizza il commercio di prossimità, fa riscoprire le bellezze della propria città alle persone, non crea traffico e doppie file, aumenta il valore degli immobili, fa risparmiare sulla salute dei cittadini. Con l'Osservatorio bike economy, dopo anni di studi, siamo in grado di dare agli amministratori certezze assolute sul ritorno economico. Londra, ad esempio, sulla mobilità smart ha investito 2 miliardi di Euro, sapendo già che ne beneficerà in termini di ritorno economico. Nello studio approfondito che abbiamo fatto, e girato ai Ministeri interessati, abbiamo calcolato che in Italia genererebbe entrate per 20 miliardi di Euro, una cifra consistente. Ecco, il boom delle biciclette vendute in questa fase, che è bene sottolinearlo è al 95% dovuto alle bici non sportive, potrebbe essere cavalcato da amministratori e politici nazionali per cambiare mentalità e puntare sulla mobilità sostenibile, che genera la bike economy e che riuscirebbe a far diventare anche il ciclismo una moda”.
Approfondito che abbiamo fatto, e girato ai Ministeri interessati, abbiamo calcolato che in Italia genererebbe entrate per 20 miliardi di Euro, una cifra consistente. Ecco, il boom delle biciclette vendute in questa fase, che è bene sottolinearlo è al 95% dovuto alle bici non sportive, potrebbe essere cavalcato da amministratori e politici nazionali per cambiare mentalità e puntare sulla mobilità sostenibile, che genera la bike economy e che riuscirebbe a far diventare anche il ciclismo una moda”.
 

[  Federico Pasquali  ]
L'intervista è tratta da Primato
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