01.08.2015
Istituzionale
Il coraggio di cambiare
Fonte: Primato Luglio 2015 – di Claudio Barbaro
Per chi di voi non lo sapesse, la Commissione Cultura del Senato sta lavorando su un disegno di legge che porta il nome di Raffaele Ranucci (Pd) come primo firmatario, con cui si intende mettere un limite di due mandati (8 anni) per gli organi del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e delle Federazioni Sportive Nazionali.
Al di là della quasi scontata considerazio- ne che esistano altri problemi nel sistema sportivo la cui risoluzione potrebbe ave- re ricadute percepibili più vistosamente soprattutto lato praticanti, credo che la questione del rinnovo dei vertici delle Istituzioni Sportive meriti una qualche riflessione.
Per varie ragioni.
Primo perché chi sta all’apice dello sport italiano ha la responsabilità della salute del movimento sportivo sia nel suo aspet- to particolare che generale; secondo per- ché sono proprio i massimi esponenti del CONI e delle FSN a curare le relazioni con chi detiene il potere di legiferare sul nostro mondo; ultimo perché il problema del mancato rinnovamento negli organi del Comitato e delle Federazioni esiste davvero; è cosa largamente nota e risapu- ta.
Lo sa bene Giovanni Malagò che della necessità di un cambiamento fece il suo cavallo di battaglia nella campagna per venire eletto presidente del CONI lo scorso febbraio del 2013; di lui si parlò infatti come dell’outsider inaspettatamente vincente. Lo saprà bene anche il candidato sconfitto da Malagò, Raffaello Pagnozzi, che avrebbe rappresentato la continuità con Petrucci – il presidente uscente – uno dei dominus incontrastati dello sport italiano, oggi a capo della Federbasket.
Per questo non possono che suonarmi strane le prese di posizione di Malagò nei confronti di questo disegno di legge. Secondo quanto da lui stesso affermato esisterebbero almeno tre ragioni "plau- sibili, legittime e giuste" per contrastare questo provvedimento. "La prima è che i presidenti sono sottoposti ad aspetti elettivi e di consenso, la seconda è che in tal senso non ci sono confronti e analo- gie con paesi più evoluti sportivamente e la terza è che molti degli attuali e dei pre- cedenti dirigenti italiani vengono da un percorso cominciato all'interno della federazione: se metti un limite di due mandati diciamo che devi essere davve- ro molto bravo a crearti contemporanea- mente un consenso e una credibilità per proseguire l'attività a livello internazionale".
Vorrei brevemente entrare nel merito del- le sue considerazioni: è vero che il mec- canismo di elezione legittima il potere ed è alla base di sistemi democratici, ma è altrettanto vero che il limite all’esercizio dei mandati è prassi comune in Italia (vedi ad esempio l’elezione dei sindaci), soprattutto in quei contesti scarsamente predisposti ad autoriformarsi ed ad alto tasso di conservazione. Che importa quindi che in altri Stati questo meccani- smo non sia previsto? Infine: il problema del “dopo aver fatto il presidente che alternative ho professionalmente?” dovrebbe essere risolto puntando sulla formazione continua e sulla qualificazio- ne degli amministratori sportivi, non cre- ando per loro delle reti protettive che ad altri non sono concesse.
Per questo motivo credo che il disegno di legge di Ranucci vada portato avanti, soprattutto estendendone la portata anche agli EPS; lo dice uno che da venti anni è Presidente di ASI e vuole solo ed esclusivamente il bene del suo Ente.
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