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07.07.2016

Istituzionale

Guido Martinelli e le considerazioni sull’associazionismo sportivo

Considerazioni sull’associazionismo sportivo

di Guido Martinelli

La settima commissione del Senato (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica,

spettacolo e sport) ha attivato una indagine conoscitiva sullo “Stato di salute dello sport” (Atto

n. 715). Tra i temi che ha in animo di affrontare vi è anche una riflessione sugli “aspetti fiscali

della gestione dello sport e normativa che incide sull’associazionismo sportivo: criticità e

proposte”.

Approfittando che, immeritatamente, parteciperò come tecnico del settore ad una audizione

prevista nell’ambito di detta indagine, mi sono chiesto quali siano i punti salienti delle

proposte che possono essere formulate in quella sede. Ragiono tenendo presente un punto di

partenza che, ai giorni nostri, diventa quasi una ossessione: le proposte di modifica legislativa

devono essere a impatto zero (o quasi) sui conti dello Stato.

Eccovi l’elenco.

a) Definizione di sport: ad oggi non è legislativamente indicato cosa sia “sport”. Appare

sufficiente che qualsiasi attività o gioco riceva un riconoscimento da un ente di

promozione sportiva (che evidentemente, per aumentare i propri ricavi da affiliazione e

tesseramento ha tutto l’interesse ad operare questi riconoscimenti) per ottenere

l’iscrizione nei registri Coni e, di conseguenza, godere dei vantaggi fiscali a ciò collegati.

Questo ha portato ad avere, a giugno 2016, iscritte al registro Coni, come casi campione,

3 associazioni che hanno nella denominazione sociale il termine “poker”, 8 il termine

“massaggio”, 56 “teatro”, 689 “yoga”, 194 “pilates”, 14 “zumba”, 14 “discipline olistiche”,

eccetera. Trattasi sicuramente di attività degnissime, tuttavia, può sorgere il dubbio che

siano attività sportive, almeno nel senso olimpico del termine. Definire cosa debba

intendersi per attività sportiva significherebbe circoscrivere l’area dei soggetti titolati a

ricevere, per la tipologia di attività svolta, i benefici e le agevolazioni a tal fine stabiliti

dal legislatore.

b) L’acquisizione della personalità giuridica: oggi è molto meno costoso e complicato

costituire una società per fare attività di impresa con responsabilità limitata (basti

pensare ai ridotti costi necessari per la Srl semplificata) piuttosto che ottenere la

personalità giuridica come associazione. Un euro di capitale e quasi nessun costo

accessorio di costituzione per la Srl semplificata; 25.000 euro di patrimonio (almeno in

Emilia Romagna), oneri notarili e accessori per una associazione sportiva. Poter prevedere

la possibilità di costituire Srl semplificate anche nell’ambito sportivo solleverebbe molti

dirigenti dalle preoccupazioni per le conseguenze personali, sotto il profilo della

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Edizione di lunedì 27 giugno 2016

responsabilità solidale, per le attività oggi svolte dalle associazioni sportive prive di

riconoscimento.

c) L’articolo 132 e seguenti della direttiva comunitaria 112/CE/2006, in materia di imposta

sul valore aggiunto, prevedono la possibilità, per gli Stati membri, fatte salve le altre

disposizioni comunitarie disciplinanti l’imposta, di prevedere delle ipotesi di esenzione

dall’Iva per “talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport

o dell’educazione fisica, fornite da organizzazioni senza scopo lucrativo alle persone che

esercitano lo sport o l’educazione fisica”. Il nostro ordinamento ha recepito tale

indicazione come “esclusione” da Iva ai sensi del quarto comma dell’articolo 4 del D.P.R.

633/1972. Ma, essendo la cessione dietro corrispettivo di servizi sportivi l’attività

prevalente per molti sodalizi sportivi, questo ha prodotto l’esplosione di “associati” e di

“tesserati” che hanno natura di meri clienti ed utilizzatori dei servizi sportivi, ma che

vengono “mascherati” come tali al solo fine di godere della esclusione da Iva. Poter

contare sulla esenzione da Iva e non sulla esclusione consentirebbe: di ricondurre all’area

commerciale una attività che onestamente vi rientra a pieno titolo; di non gravare

sull’utenza un carico Iva che la penalizzerebbe; di lasciare comunque inalterati i proventi

per l’erario, i quali anzi potrebbero essere lievemente incrementati del recupero che

l’esenzione da Iva produrrebbe ai fini dei redditi (non potendosi, in tal caso, più applicare

l’articolo 148 del Tuir).

d) Riconfermare, a prova di “Agenzia delle entrate”, la natura di spese di pubblicità per le

sponsorizzazioni di ammontare non superiore a 200.000 euro ai sensi di quanto previsto

dal comma 8 dell’articolo 90 della L. 289/2002. Questo per disinnescare una serie di

accertamenti fondati sulla non inerenza e anti economicità di queste sponsorizzazioni.

e) Ritornare, per i compensi sportivi, alla disciplina esistente prima della L. 342/2000.

Quindi: fascia esente fino a 10.000 euro di compensi annui e, in caso di eccedenza,

applicazione su tutto l’importo della disciplina fiscale, previdenziale e assicurativa

prevista per le collaborazione coordinate e continuative di cui all’articolo 409 cod. proc.

civ..

f) Obbligo di pubblicazione, sul registro delle associazioni e società sportive dilettantistiche

tenuto dal Coni, dei rendiconti economico – finanziari annuali, con verbale di assemblea

che li approva.

Sei articoli, nessuna nuova agevolazione (anzi!!), solo una ricostruzione diversa delle varie

fattispecie applicabili. Sono convinto che l’implementazione di quanto sopra, con adeguato

controllo, porterebbe pulizia e sollievo al settore. Mi illudo?

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