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18.08.2020

Istituzionale

Covid-19. Quando un medico diventa paziente

Dall’altra parte della barricata. Da chi è abituato a curare a chi è, improvvisamente, impotente di fronte a un virus che dilaga e diventa pandemia. Un medico, dirigente ASI, si mette a nudo e racconta la propria esperienza… 

 

➤  Vedi l'intervista, versione online sfogliabile, su Primato
 

Tenere alto il livello di emergenza, alla luce di una possibile recrudescenza del virus. Questo sottolinea il dottor Capricci. Un medico chirurgo, Responsabile dell’Area Medica del Comitato Regionale ASI del Piemonte di Sante Zaza. Ma, soprattutto, uno che il virus lo ha subito. Nella sua forma più violenta. E da medico, come sottolinea in un suo memoriale, è tutta un’altra cosa. Perché c’è contezza dei rischi e delle possibili complicanze. 
Un camice bianco si racconta. Lo fa mettendosi a nudo. Scrivendo dei suoi problemi fisici ma anche di quelli psicologici. 
Un nuovo modo di vedere questa pandemia dal punto di vista dei camici bianchi fino ad oggi sulle prime pagine dei giornali, in questo periodo emergenziale, per il lavoro a ritmi incalzanti, con il pensiero delle proprie famiglie e un'enorme responsabilità sulle spalle e centinaia di pazienti di cui occuparsi. Fisicamente stanchi, mentalmente pure. La forza di questi professionisti sta nel sentirsi all'altezza della situazione, di percepirsi un gruppo coeso, mai rispettato come oggi, anche in una situazione inedita come questa. 
Eppure, per chi cade nella morsa di questo virus le prospettive cambiano. 
Ecco come… 
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"Il rischio di contagio non deve essere sminuito o sottovalutato. Con l’apertura dell’attività scolastica credo che i rischi possano aumentare e credo che mantenere lo stato di emergenza fino a fine ottobre non sia poi da considerare esagerato."

di Massimo Capricci*

Mi chiamo Massimo Capricci. Ho accettato l’invito a parlare del mio caso collegato al Covid-19. Nel periodo pasquale ho lamentato diarrea senza altri sintomi e quindi nessun ne’ io ne’ tantomeno i miei colleghi abbiamo collegato questo sintomo al Coronavirus. Ho quindi continuato a lavorare fino al 15 aprile quando, insorta debolezza, mi sono deciso a restare a casa. Ero già in isolamento preventivo precauzionale perché un mio Collega, ai primi di marzo, aveva lamentato una sintomatologia rivelatasi poi come polmonite e trattata a domicilio. 
Dopo tre giorni, precisamente il 18 mattina, un abbassamento di voce e molta debolezza mi hanno portato a controllare per l’ennesima volta la temperatura (ma non avevo febbre) e la saturazione di ossigeno (valori normali 95-100%). La stessa era 88%!! A quel punto ho chiamato il 112 che dopo pochi minuti mi ha inviato un’ambulanza portandomi in PS delle Molinette. 
Dopo una ecografia polmonare la diagnosi era già chiara: polmonite da probabile Covid-19. I tamponi sono risultati sempre negativi, tranne quello effettuato durante la broncoscopia di domenica 19 aprile. Per tre giorni ho tenuto la CPAP (la ventilazione meccanica a pressione positiva continua, in inglese CPAP, acronimo di Continuous Positive Airway Pressure, è un metodo di ventilazione respiratoria. Ndr) e ho iniziato subito terapie endovenose con cirgusone. Antibiotici, Anticoagulanti, Antivirali contro il
Covid-19. 
Tre giorni dopo, peggiorando i sintomi e le tac polmonari, mi hanno intubato per 11 gg. Ho tenuto ancora il tubo al risveglio per tre gg e poi sono stato trasferito dalla Rianimazione nel reparto di Medicina dove sono stato ricoverato fino alla dimissione del giorno 18 maggio. Durante il ricovero ho perso 22 kg e non avevo più tono muscolare in nessun muscolo compresi quelli delle mani. 

Al mio risveglio dalla Rianimazione la mia paura era quella di avere la tracheostomia. Ho iniziato riabilitazione con fisioterapia che svolgo tuttora quotidianamente sia a casa, sia presso un centro in Torino. Ho ancora un supporto psicologico che mi ha aiutato molto nel periodo post rianimazione. Da medico, essere a conoscenza di tutte le possibili complicanze ed essere totalmente passivo, inerme, determina un problema psicologico non indifferente. Ora con l’aiuto della mia famiglia ho ripreso i kg. (peso 80 kg) e tono muscolare e anche l’umore è alto. Ho voglia di vivere di tornare a lavorare consapevole che la vita va vissuta apprezzando sempre anche le piccole cose che spesso si danno per scontate ma che sono invece importanti. La psicologa mi ha insegnato a ubbidire al linguaggio del corpo a regolare i tempi in base alle sue esigenze e non alla mia esclusiva volontà spero di essere migliore e questa malattia mi ha però reso consapevole di quante persone mi vogliano bene e mi apprezzino sia tra i pazienti che trai colleghi. Il personale dell’ospedale, presidenti e allenatori, giocatori, una miriade di persone che mi hanno reso e mi rendono gratificato e commosso. Qui in Piemonte la situazione è migliorata ma a livello delle Società calcistiche l’apertura è iniziata a rilento e alcune società non hanno rispetto per i limiti ai quali sono costretti. Purtroppo, la situazione non è ancora rosea e secondo il mio parere non si deve abbassare la guardia considerando il recente aumento dei casi e considerando il rischio di nuove ondate virali a partire dall’autunno. 
La responsabilità è troppo alta e il rischio di contagio non deve essere sminuito o sottovalutato. Con l’apertura dell’attività scolastica credo che i rischi possano aumentare e credo che mantenere lo stato di emergenza fino a fine ottobre non sia poi da considerare esagerato.

 

Massimo Capricci, medico chirurgo otorinolaringoiatra e patologia cervicofacciale. Dirigente Medico presso la Divisione Universitaria ORL dell’Ospedale Molinette di Torino. Medico Sportivo dal 1995 e Fiduciario Medico per la LND-FIGC Piemonte e Valle D’Aosta dal 2011 oltre che Responsabile dell’Area Medica del Comitato Provinciale ASI del Piemonte. E’ anche relatore e docente ai corsi UEFA per dirigenti e allenatori. 
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