07.10.2015
Istituzionale
Meno impianti, meno sport, meno sociale. Un’equazione da disinnescare
"Meno impianti, meno sport, meno sociale. Un'equazione da disinnescare". Queste le parole del Presidente ASI Claudio Barbaro a commento di alcuni importanti fatti sportivi relativi al CONI e alla sua gestione delle infrastrutture sportive.
Per capire meglio il perchè e il per come di questa affermazione, a seguire il suo intervento.
Qualsiasi osservatore di vicende sportive non può non essersi accorto di come si sta muovendo la CONI Servizi rispetto alla questione impianti sportivi: la dismissione delle strutture non considerate produttive è una realtà evidente, da analizzare con sguardo disincantato. Prima il centro equestre federale Pratoni Del Vivaro, che è passato dal CONI al demanio; poi lo stadio Flaminio che dal CONI è passato al Comune, incapace di valorizzarlo, ancorchè di pensarlo come una risorsa da mettere a servizio della comunità dei romani (per non parlare della situazione di tutti gli impianti di atletica leggera a gestione mista FIDAL/CONI).
Il criterio alla base di questa che sembra essere a tutti gli effetti una strategia gestionale è ovviamente il tentativo di ottimizzare le risorse, valutando gli impianti dal punto di vista della redditività. Direte voi: giusto da parte del Comitato Olimpico puntare a rivedere le voci di spesa. Vero, ma con quali conseguenze? Se si considera che la maggiore redditività di una struttura è direttamente collegata all’appeal dello sport che in essa prevalentemente si svolge, ben si comprende come ad essere penalizzate saranno quelle in cui si praticano i cosiddetti sport minori (leggesi: minor numero di praticanti, minori sponsorizzazioni e via dicendo).
La domanda quindi è la seguente: la strategia del CONI è in linea con la missione di organizzare il movimento sportivo sul territorio nazionale, considerato anche il suo valore sociale? A prescindere da come si voglia rispondere, sembra inopinabile che il (legittimo) criterio economico rischi di depotenziare la funzione sociale dello sport e alimenti quelle grandi disparità nel settore, così forti e così assimilate per cui basta una semplice locuzione, ‘sport minori’, per far capire che non si sta parlando di calcio.
E dunque: se non lo vuole fare il CONI, chi sostiene il costo sociale dello sport?
Claudio Barbaro
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