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13.01.2021

Istituzionale

"Secondo Tempo. La Rivincita". In un docufilm, lo sport al tempo del Covid

UN ALTRO MODO, DA PARTE DI ASI, PER RACCONTARE UN'EMERGENZA EPOCALE – Il campo di San Francesco, deserto, gli spogliatoi sono vuoti, le panchine abbandonate, le reti arrugginite, i volti persi nel vuoto… La voce del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che annuncia il Lockdown nazionale a causa del Covid-19, accompagna le immagini con una musica che accresce il senso di angoscia e solitudine. I giovani calciatori devono attenersi ai rigidi protocolli sanitari per la gestione della pandemia. In collaborazione con un vicino laboratorio di analisi, la società organizza i tamponi per i giocatori. Tutti in fila, con la mascherina al volto, in attesa del proprio turno. All’interno di uno spogliatoio è stato allestita una zona riservata ai test diagnostici….
Un docufilm, voluto fortemente anche da ASI, racconta tutto questo. Di giovani atleti e dei loro tecnici, delle loro sensazioni, Di paure, timori, sogni e speranze.

 

Secondo Tempo. La Rivincita

Il docufilm, del quale sarà svelata la distribuzione una volta terminate le riprese, racconta il Calcio in periferia al tempo del Covid-19. Ma vuole raccontare anche una storia che potrebbe appartenere a qualsiasi disciplina, a ognuno dei momenti difficili che sta passando lo sport e i suoi tanti attori quotidiani, vittime di un momento emergenziale terribilile.
Tra le tante realtà su una è caduto il focus. Su una società della periferia romana: la 
Mundial Football ClubAcilia, periferia ovest di Roma, a pochissima distanza dal mare di Ostia.

Il regista è Michelangelo Gratton: dopo un passato nella fotografia sportiva e non solo, con colossi internazionali come Getty Images, è approdato alla cinematografia con storie legate al sociale. "Ho voluto raccontare quanto sia pericoloso e dannoso, per i giovani, interrompere in modo traumatico per un periodo così lungo l'attività sportiva che, soprattutto in una borgata assume un'importanza sociale rilevante", così spiega il regista e Responsabile della Comunicazione Sociale di ASI. "Questa storia è figlia di un periodo emergenziale che ha colpito tutti noi. Un momento della vita del nostro Paese che andava raccontato. Lo sport, in questo senso, è un grande veicolo comunicativo". 
 

LA SINOSSI
In una delle periferie di Roma un'accademia di Calcio per i giovani è costretta a sospendere l’attività agonistica in seguito al lockdown nazionale imposto dal governo italiano a causa della pandemia del Covid-19. 

Successivamente, con l’alleggerimento di alcune norme, ai ragazzi è consentito riprendere quantomeno ad allenarsi rispettando però rigide e severe misure di sicurezza. Ogni settimana sono previsti controlli e tamponi per assicurarsi che non ci siano persone contagiate all’interno dei vari gruppi.
E’ un colpo molto duro per il morale dei giovani calciatori. Per alcuni infatti l’accademia rappresenta la possibilità di coltivare un sogno, per altri di socializzare e crescere in una comunità dai valori sani lontano dai pericoli e dai disagi della periferia urbana.
Si incrociano storie di vita, di sacrifici, di speranza, di disagio, di difficoltà quotidiane. Si instaurano rapporti di sincera amicizia e vera fratellanza tra i ragazzi ma anche con i tecnici.
Il tempo trascorre inesorabile: crescono i dubbi, nasce la paura che tutto non sarà più come prima e, insieme ai pericoli di una vita in mezzo alla strada, si affaccia la depressione.
Il compito dei più grandi è quello di continuare a motivare un gruppo di ragazzi difficili, di dargli gli stimoli necessari ad andare avanti con la fiducia ferrea che, prima o poi, torneranno a confrontarsi sul campo e a rivivere la loro grande passione…

 

Le misure restrittive emanate dal Governo italiano in seguito all’emergenza Covid-19 hanno investito tutta la società nei suoi aspetti più differenti. Se è vero che quello economico sembra essere stato il settore maggiormente penalizzato anche quello legato alle tematiche sociali, al mondo giovanile e a quello delle scuole ha subito importanti contraccolpi difficilmente quantificabili sul momento ma con serie implicazioni in prospettiva futura.
Lo sport, e più in particolare quello dilettantistico, ha subito delle restrizioni molto severe. Interi settori, associazioni, società, palestre si sono viste paralizzare la loro attività praticamente all’improvviso, senza nessun tipo di sostegno. Ne è servito regolarizzarsi, attrezzarsi per prevenire i contagi dalla pandemia, quando la situazione è sembrata evolvere in positivo. Sforzi e sacrifici sono stati vanificati da successive pesanti chiusure e limitazioni. Oltre al danno anche la beffa.

Ci sono state attività che sono state parzialmente interrotte o ridimensionate; altre totalmente fermate. Giovani e meno giovani che hanno dovuto rinunciare ad un’importante parte della loro vita, ad una fondamentale valvola di sfogo, ad un serio punto di riferimento ed aggregazione sociale, ad un valido strumento per mantenersi in forma e in salute.
Chiudersi in casa ha significato perdere la libertà, la voglia di vivere, di sorridere, di veder i propri sogni infranti; ha significato perdere certezze per gettarci nell’incubo di un futuro grigio ed incerto, pieno di insidie. In altre parole di farci cadere in depressione, di compromettere la nostra salute, di ritrovarci in mezzo ad una strada a correre il rischio, purtroppo, di fare scelte sbagliate.


 

 
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