Notizie

26.02.2019

Istituzionale

Barbaro: Alemanno, fiducioso che emergerà la sua innocenza

Il presidente ASI esprime vicinanza ad Alemanno dopo che il tribunale di Roma ha emesso una sentenza di condanna di primo grado

 

"Conosco Gianni Alemanno, amico e persona da sempre attenta al mondo dell'associazionismo e del volontariato inteso come sussidiarietà, solidarietà e interesse generale.
Come uomo e come politico ha mostrato vicinanza alle nostre realtà e ai principi che le animano, guardando con interesse e sostegno a tutte le iniziative che sapessero coniugare promozione e sviluppo del territorio, cultura e aggregazione.

Tutto questo e la sua storia personale, costruita in anni di attività politica ispirati a principi di correttezza, attenzione ai valori e al rispetto dei ruoli e delle regole mi fa ritenere giusta e veritiera la sua dichiarazione di innocenza che farà certamente valere nelle sedi competenti a partire dalla prossima istanza di fronte ai Giudici di Appello".

Così Claudio Barbaro, presidente ASI, commenta la sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Roma per l’ex sindaco Gianni Alemanno con cui quest'ultimo viene condannato a sei anni di carcere e interdizione perpetua dai pubblici uffici per corruzione e finanziamento illecito.
 

Sentenza Alemanno: cosa è stato deciso in primo grado

La seconda sezione penale del tribunale capitolino ha condannato l'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno a sei anni di carcere e interdizione perpetua dai pubblici uffici per corruzione e finanziamento illecito.

E' un primo grado di giudizio legato ad uno dei filoni dell’inchiesta Mondo di mezzo, l’indagine della Procura di piazzale Clodio risalente al periodo tra il dicembre 2014 e il giugno 2015.

“Una sentenza sbagliata. Ricorreremo sicuramente in appello dopo aver letto le motivazioni. Io sono innocente l’ho detto sempre e lo ribadirò davanti ai giudici di secondo grado”,
è il primo commento dell’ex esponente di Alleanza Nazionale ed ex ministro delle Politiche agricole e forestali Gianni Alemanno.

Il nome dell’uomo che decise le sorti di Roma tra il 2008 e il 2013 era comparso nelle carte della prima ondata di arresti dell’inchiesta su Mafia Capitale, il 2 dicembre 2014, nel corso della quale erano finite in carcere 37 persone. I magistrati di piazzale Clodio lo accusavano di aver ricevuto oltre 200mila euro, in gran parte attraverso la fondazione Nuova Italia da lui presieduta, per il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio. I pm gli contestavano anche il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, accusa in seguito archiviata il 7 febbraio 2017.

I fatti risalgono al periodo tra il 2012 e il 2014: l’ex ministro avrebbe ricevuto dall’imprenditore Salvatore Buzzi in accordo con Massimo Carminati, 223.500 euro, dei quali il pm Tescaroli ha chiesto la confisca, attraverso pagamenti alla fondazione e al suo mandatario elettorale e diecimila euro in contanti. Il tutto con l’aiuto e l’intermediazione dell’ex amministratore dell’azienda romana dei rifiuti (Ama), Franco Panzironi, suo stretto collaboratore.

In Evidenza