29.01.2017

Sportivando

Lo sport ai tempi dell’iPhone

Lo sport e le sbucciature ai tempi del liceo. Nostalgia dello sport che fu.

 
“La campanella dell’intervallo era il fischio d’inizio. Ci precipitavamo giù dalle scale del palazzo seicentesco dov’era ospitato il liceo-ginnasio Racchetti di Crema; e la partita di calcio iniziava subito. Avevamo 15 minuti, non c’era tempo da perdere. […] Praticavamo anche altri sport. Pallavolo e pallacanestro nelle ore di educazione fisica […]. Ricordo anche il salto in alto, una specialità  che maschi e femmine praticavano insieme: le coetanee in calzoncini che si rotolavano sui tappeti erano uno spettacolo sublime. Tornati a scuola sfidavamo il professore di filosofia in salto delle scale: chi riusciva a superare più gradini in discesa con un balzo  […]”.

Cosଠinizia il racconto di Beppe Severgnini in un suo contributo al Corriere della Sera dal titolo ‘Lo sport e le sbucciature ai tempi del liceo’ ed è cosଠben fatto e cosଠvicino ai ricordi di molti di noi che sembra quasi di vederne i protagonisti.
Allo stesso modo sono certo che molti di noi riconosceranno chiaramente il sospiro con cui il giornalista sembra chiudere il suo articolo: tutte le cose che allora era solito fare con i compagni, dice, oggi sarebbero vietate, o perché ritenute troppo anarchiche dagli insegnanti o pericolose dai genitori o faticose dai ragazzi stessi (che nel 2016 – stando ad una ricerca dello psicoterapeuta dell’età  evolutiva Alberto Pellai – a quattordici anni svolgono un quarto dell’attività  motoria rispetto ad un coetaneo del 1976. Complice la tecnologia che tra telecomando e cellulare, diminuisce in modo consistente gli spostamenti).
 

RITRATTO DELLO SPORT AI TEMPI DELL'IPHONE

Ammettiamolo e diciamo ad alta voce: l’adolescenza senza sbucciature e senza traumi è l’adolescenza dei nostri giovani che non praticano più sport in modo estemporaneo. La campanella di scuola non è più il segnale atteso per giocare la combattutissima partitella di calcio contingentata nei quindici minuti di ricreazione, ma il momento per telefonare oppure postare una diretta live sui social.
Non c’è niente di male in queste attività ; non siamo a demonizzare la tecnologia che, anzi, ha portato dei progressi anche in campo sportivo. Tuttavia, se a questo dato di fatto – registrato anche a livello di ricerca – aggiungiamo l’indirizzo politico di chi ha il compito di organizzare il movimento sportivo, lo scenario non fa ben sperare.
 

NEL REGISTRO CONI MENO DISCIPLINE SPORTIVE

Il riconoscimento come discipline sportive solo di quelle riferibili alle Federazioni Sportive verso cui sta andando il CONI aggrava infatti la situazione, perché rischia di cancellare tutti gli sport praticati al di fuori dei contesti istituzionali sportivi, o anche all’interno degli stessi, nell’ambito degli Enti di Promozione Sportiva.
Un esempio concreto di questa tendenza è la delibera del 249° Consiglio Nazionale del Comitato con cui viene individuato un numero limitato di discipline con cui un’associazione sportiva dilettantistica può iscriversi al Registro CONI.
Risultato? Un disastro che amplifica anziché ridurre la deriva verso l’immobilismo dei nostri giovani (e non solo). I motivi di un cosଠsevero giudizio sono molteplici.
Primo: il CONI dimostra di non saper essere un buon mediatore capace di far corrispondere alla domanda sportiva un’offerta adeguata, incentivando il pluralismo e non comprimendolo.

Secondo: il CONI contraddice sé stesso. Nel programma con cui Giovanni Malagò chiese ed ottenne di diventare presidente del massimo organo di governo dello sport italiano c’era scritto che gli Enti di Promozione Sportiva avrebbero avuto un adeguato spazio, riconoscendo l’importanza dello sport di base e la sua propedeuticità  ad aiutare le performance di quello vertice. Il restringimento delle discipline sportive in funzione della rappresentanza federale fa dedurre una convinzione esattamente opposta rispetto a quella allora espressa.

Terzo: il CONI dimostra di intendere (e di voler strutturare lo sport) prevalentemente nella sua componente competitiva, sacrificando e comprimendo quella dimensione ludico-giocosa che, invece, è la scintilla di avviamento allo sport per i giovani, oltre che lo stimolo per accompagnare le persone nell’arco della loro vita.
Il riavvicinamento dei ragazzi all’attività  motoria non può che essere compromesso, cosଠcome la maturazione di un’attitudine allo sport come compagno di vita, garante di equilibrio e benessere.
 

L'IMPEGNO DI ASI PER LA PROMOZIONE SPORTIVA

Da parte nostra – e mi auguro di tutti gli Enti di Promozione Sportiva – per contrastare questo indirizzo ci sarà  una reazione ad un doppio livello: istituzionale e operativo.  Istituzionalmente cercheremo di combattere con tutti gli strumenti a nostra disposizione nelle sedi preposte. Operativamente ASI continuerà  ad essere la casa degli appassionati di sport, plurale e accogliente cosଠcome è stata in questi suoi ventidue anni di storia.
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