11.08.2020
Istituzionale
Un vecchio giornale verso il futuro
Intervista a Ivan Zazzaroni, direttore del Corriere dello Sport-Stadio. Il quotidiano, partner di ASI per il Premio Sport&Cultura e punto di riferimento dell’informazione sportiva in Italia, ha festeggiato i suoi 95 anni
Manchester Utd? Ecco svelato l’arcano: “Andai per realizzare un servizio. Era il 1984. L’idea, innovativa, era quella di partecipare a degli allenamenti con le squadre di calcio più blasonate. Il fotografo Bob Thomas era il mio tramite. Per poco non ne uscii con un piccolo contratto…”.
Manchester United, solo da giornalista chiaramente, è una tappa. I primi articoli partono da molto più lontano: “Il primo di Calcio, un’intervista a Socrates per ‘Stadio’ il giornale di Bologna. Abitava a Ribeirão Preto a 500 metri da casa mia. Il Botafogo lo aveva venduto al Corinthians di San Paolo (la squadra famosa non solo per il livello tecnico, ma anche per quella sorta di esperimento di uguaglianza, la ‘democrazia corintiana’, decisioni prese di comune accordo tra giocatori e allenatore. Ndr). Il primo articolo in assoluto, invece, per un giornale di Caccia e Pesca sui pescatori del Nord del Brasile, i Jangadeiros”.
Ma lei, in Brasile, come ci era finito?
“Andai tre mesi come interprete per i mercati all’ingrosso di Bologna. Poi, ci tornai, a vivere, per un anno. Dopo l’incontro con una ragazza brasiliana…’’.
In terra verdeoro, i primi articoli…
“Per Gazzetta, da settembre del 1980, direttore Gino Palumbo. Scrivevo molto ma ero una sorta di abusivo. In 7, 8 mesi 60 articoli ma solo uno siglato. A un certo punto arrivò la telefonata del caposervizio, Paolo Castelli. Palumbo voleva assumermi. Rinunciai”.
Perché anche i giramondo hanno bisogno di un porto sicuro…
“La mia vita era a Bologna. Mi assunsero ad Autosprint. Sapevo poco di macchine ma, a 23 anni, ebbi la possibilità di andare in Argentina, Inghilterra, Montecarlo. Alberghi importanti, soldi in tasca. Come amico uno come Nelson Piquet, niente male. Quella vita, giovanissimo, mi ha dato l’impostazione giusta. Quel pizzico di ambizione per non fermarsi mai, per cercare sempre nuovi stimoli”.
Per questo, così tante esperienze negli anni?
“Si. Chi si ferma e si accontenta, soprattutto nel nostro mestiere, rischia di trasformarsi presto in una specie di impiegato. Non volevo accadesse a me. Quei primi anni di lavoro hanno contribuito a formare carattere e aspirazioni”.
Del resto, nella storia, qualche altro Ivan, ricco di personalità, c’è stato…
“Papà, al cinema, rimase colpito dal film ‘Ivan il Terribile’. E’ così che venne deciso il mio nome… Per fortuna non vide ‘Totò le Mokò’… Ma Ivan non era amato dai preti. Il sacerdote, il giorno del battesimo, aggiunse Paolo. Un altro dei miei nomi è Marino, per il nonno”.
Bologna, gli amici, il calcio
“Lì ho fatto le prime radiocronache, lì ho i miei migliori amici. Giocavo al calcio, con papà e mio fratello andavo allo stadio. Il primo ricordo è un Bologna-Ferencvaros”.
Un battesimo importante. Il Bologna contro la squadra ungherese, espressione dell’alta borghesia di Budapest, dal passato di grande gloria soprattutto tra gli Anni Trenta e i Settanta. In quella semifinale di Coppa delle Fiere, si sfidavano anche due talenti purissimi come Giacomo Bulgarelli e colui che aveva vinto il Pallone d’Oro l’anno precedente, Flórián Albert. Due padroni del centrocampo.
“Per il Bologna – aggiunge Zazzaroni – non mi sono limitato a fare solo il tifoso, ma sono stato anche mediatore per acquisti importanti. Ho portato Baggio, Pagliuca, Bresciani, Mihajlovic”.
Un ricordo particolare legato ad uno di questi giocatori?
“Bologna-Chievo, cross di Doni, colpo di testa vincente del più basso del gruppo, Giorgio Bresciani. Promozione. Giorgino come detto l’avevo portato io, a Bologna, da Reggio: dalla C alla A, lui; dalla C alla B noi”.
Potrà mai sedere ancora al tavolo dei grandi il suo Bologna?
“E’ sempre più difficile. Oggi chi ha più soldi vince. Negli anni passati, sono arrivate oltre la propria dimensione una serie di società. Penso al Parma di Tanzi, alla Lazio di Cragnotti, alla Roma di Sensi e al Napoli di Ferlaino. Ma anche al Perugia di Gaucci, all’Udinese di Pozzo, al Verona di Chiampan, alla Fiorentina di Cecchi Gori o alla Samp di Mantovani. Oggi è sicuramente tutto più difficile”.
Torino, caso a parte?
“Ho amato il Torino di Radice. Quella granata è una squadra storica, fa molto snob in città, ma soffre troppo l’ombra Juventus. Un’ombra pesantissima, che allontana anche molti investitori. La Juve condiziona la vita del Toro, c’è poco da fare”.
Torniamo a Bologna. Il Guerino è stato un logico approdo. Per questioni territoriali e per l’anima innovativa e internazionale…
“E’ la mia vita: ci sono entrato nel 1983. Dal 1985 inviato, dal ‘91 vicedirettore, da ‘99 al 2002 direttore. Un linguaggio diverso, fuori dal tempo. Unica sopravvissuta, insieme alla tedesca Kicker, dell’epoca d’oro delle riviste specializzate Anni ‘70 e ‘80. Faceva cultura ed era prima in tutto: prima a realizzare servizi sugli avversari di coppa, prima a parlare di calcio internazionale. Prima in tutti gli altri sport, basket in testa, nella musica e nello spettacolo”.
Di quel Guerino è stato a lungo direttore anche Italo Cucci, prima maestro di Zazzaroni e poi amico di lungo corso. Pochi, meglio di lui, possono dare un giudizio: “Ivan è un direttore modernissimo. Di idee. In cerca continua di innovazione. Ha cavalcato i social fino a che non ha capito… Parla 3 o 4 lingue, correntemente e ancor oggi insegue aggiornamenti linguistici. E’ appassionato dello sport e del Calcio: quello brasiliano lo racconta come fosse tifoso del Botafogo. Ivan è uno dei rari giornalisti che controlla fino all’ultima virgola prima di pubblicare. Ed ha il gusto di fare sempre l’editoriale, per essere fortemente presente sul giornale con gli indirizzi politico-sportivi. Racconto un aneddoto: lo avevo assunto da pochi giorni, ma gli impedì di fare le ferie matrimoniali. Capì subito che aria tirava dalle mie parti…”.
Lo definisce “direttore modernissimo”: di un giornale che tra i primi affezionati ha visto i nostri nonni e bisnonni. Il Corriere dello Sport, il 20 ottobre prossimo, farà 96 anni. La partenza proprio da Bologna, fondatori un gruppo di appassionati di sport guidati dall'ex discobolo e calciatore Alberto Masprone, una breve carriera nel Verona, e con un pilota, un certo Enzo Ferrari nel Consiglio di Amministrazione. In principio 4 pagine, 8 dopo le partite della domenica, per un giornale che usciva tre giorni a settimana, oggi molte di più.
Direttore, tra questi corridoi si avverte la responsabilità di dirigere uno dei quotidiani più letti in Italia?
“E’ un giornale importante, riconosciuto come tale. Un giornale curato con grande attenzione”.
(Con Simona Rolandi, un siparietto con i due direttori a confronto durante il Premio ASI Sport&Cultura)
“Quest'anno facciamo quarant'anni di conoscenza, da quando, era il 1979, mi chiamò a lavorare con lui al Guerin Sportivo. Oggi, ci sentiamo praticamente tutti i giorni. Ci scambiamo opinioni. Lui riesce a interpretare episodi con rara chiarezza. A 81 anni è avanti, moderno, intuitivo. Raramente gli ho visto sbagliare un giudizio.
Linguaggio fresco, lontano dai luoghi comuni. Termini originali, freschezza, aneddotica. Il suo Guerino ogni volta era un giornale diverso. E’ esistito un Guerino prima di lui e dopo di lui. Cucci ha anche la capacità di prendere il meglio da chiunque, capire, assorbire, rielaborare. Il ‘Film del campionato’, ad esempio, fu un’intuizione di Zoff’’.
Un giornalismo che deve fare i conti anche con un rapporto meno diretto con il personaggio. Per un ragazzo che inizia adesso sarà difficile arrivare alla sua aneddotica?
"In 35 anni ho vissuto momenti meravigliosi con lo sport. Ho girato il mondo, conosciuto i più grandi, da Maradona a Michels, da Di Stefano a Bulgarelli, da Rivera a Pelé, a Bobby Charlton, Sanchez, Messi, Zlatan. E poi Senna, Piquet, Villeneuve, Enzo Ferrari. Mi sono allenato col Manchester United e il Botafogo, ho visto Mondiali e Europei, sono uscito insieme a piloti di F.1 quand'ero ragazzo. Ho accompagnato tutta la carriera di Roberto Baggio, un privilegio assoluto".
“La carta va difesa anche dal vuoto dei social frequentando i quali si incontrano persone in grado di sviluppare il confronto e addirittura migliorarlo, ma anche autentiche bestie pronte soltanto a offendere e denigrare per puntare al definitivo azzeramento dei ruoli…”. E’ quanto si legge nel suo primo editoriale firmato da direttore del Corsport.
“Il cellulare ha cambiato la nostra vita e i social hanno minato la figura del giornalista classico. Oggi tutti scrivono su tutto. Ma il motivo per il quale ho deciso di abbandonarli è stato, soprattutto, per la volgarità che esprimono. Una volgarità sempre più presente in questa generazione”.
Una gioventù che si sta sempre più allontanando dalla lettura dei giornali…
“Siamo di fronte a una crisi generazionale. La gente non ha più voglia di leggere e approfondire. Vive sul cellulare dove, al massimo, trova una spremuta di notizie. Incultura, ecco di cosa si tratta…”
La mancanza di cultura significa anche poca memoria storica
“Ha ragione, le nuove leve sono sempre più disinteressate al passato. Tv, scuola e famiglia rischiano di tirare su una generazione di deficienti. Ma non mancano i ragazzi in gamba che purtroppo, però, troppo frequentemente immaginano il proprio futuro fuori dall’Italia”.
Poi, come se non bastasse, ad acuire la crisi dei giornali ci si è messo anche il lockdown
“Tre mesi in cui siamo comunque riusciti a fare un lavoro di qualità. Un giornalismo da battaglia, di approfondimento, molto presente e vicino ai problemi reali della gente. Anche se devo dire di non avere mai fatto completamente quello che ho in testa. Anche perché per fare questo giornale ipotetico servirebbero risorse e trenta persone che la pensino come te”.
Dal punto di vista strettamente lavorativo, cosa è cambiato con il Covid?
"A differenza di altri settori, non ci sono stati molti cambiamenti con questa quarantena per il nostro lavoro. E’ mancato solo il contatto fisico con la redazione. Ho lavorato al computer anche dieci, undici ore al giorno: quello che serviva, insomma. La cosa positiva di questa situazione è stata la possibilità di pensare, di lasciare la mente girovagare libera”.
Il Corriere stampa varie edizioni, con le Prime che variano a seconda della città di distribuzione. I motivi di questa scelta editoriale?
“Le diverse edizioni ci danno la possibilità di coprire, con approfondimento e opinione, tutte le realtà locali: Cagliari, Palermo, Napoli, Bari… Il Corriere è il quotidiano sportivo di riferimento del Centro-Sud. Al centro la copertura avviene con ‘Stadio’ che gli editori hanno voluto mantenesse una sua identità emiliano romagnolo e toscana. Ed è vivacissima anche l’attività nazionale.
Tante edizioni e tante Prime pagine: ma, molto spesso, in considerazione dell’importanza della notizia principale, avviene che l’apertura sia sostanzialmente unificata”.
Direttore, la sua giornata tipo a Piazza Indipendenza?
“Arrivo al mattino e leggo i giornali. Alle 15:30 la prima riunione con i vicedirettori, i caporedattori, il capo del calcio e quello delle varie. Alle 18 escono le prime pagine. L’attività, al giornale, si svolge solitamente dalle 15 del pomeriggio fino a mezzanotte, l’una”.
E trova anche il tempo di partecipare a ‘Ballando con le stelle’?
“Mi sono divertito e, al tempo stesso, è servito a farmi conoscere. La gente mi ferma per strada e perlopiù mi chiede proprio di ‘Ballando’. Lì ho trovato un gruppo di lavoro fantastico. Milly Carlucci è un leader educato. Grande allenatrice, si potrebbe dire. Ha il senso del gruppo”.
Radio, stampa, tv. Ha esperienza da vendere per un bilancio…
“Sono nato come giornalista di carta stampata, ed è quello l’ambito in cui mi riconosco di più. La radio è il mezzo in cui c’è maggiore spontaneità. Per questo, anche in Tv cerco di portare proprio la radio…”.
E la vita privata con tutti questi impegni?
“Avere una compagna giornalista aiuta. Abbiamo molte cose da condividere, e tra noi la sintonia è la stessa di dieci anni fa”.
A conti fatti, come definirebbe il Zazzaroni uomo?
“Sono come mi vede. Mi sono stati trasmessi valori legati al rispetto per il prossimo e all’educazione. Risulto arrogante, ma in realtà credo di essere l’esatto contrario”.
(Zazzaroni al Premio Sport&Cultura premia "Io sono Pablo", un corto sull'autismo)
Il suo giornale è stato media partner del nostro Premio Sport&Cultura. Anche lei era presente.
“Ricordo molto bene Pablo, giovane protagonista di un corto sull’autismo che sono stato chiamato a premiare. Di quel ragazzo mi ha colpito la totale assenza di freni inibitori. Mi ci sono rivisto, per certi versi. Si rivolgeva a tutti con un’energia che faceva invidia. Nella malattia, che lo rende prigioniero, ha trovato anche la sua libertà”.
In questa chiacchierata non sempre è stato tenero con i giovani. Vogliamo però dare un consiglio a chi volesse fare il giornalista?
"Passione, ambizione, intelligenza, cultura. Condizioni essenziali".
Il Corriere usciva, in quel periodo, tre giorni alla settimana (lunedì, mercoledì e sabato) con una foliazione di 4-8 pagine.
Oggi è il primo quotidiano per numero di lettori nell'Italia centro-meridionale nonché il quarto quotidiano più letto nel Paese. La sua denominazione attuale risale al quando la testata 'Corriere dello Sport' incorporò il quotidiano bolognese 'Stadio'.
Per un breve periodo, quello Fascista, è ribattezzato 'Il Littoriale' riprendendo il nome dello stadio cittadino inaugurato pochi mesi prima (e oggi noto come il Dall’Ara). Nel 1929 la sede del giornale è trasferita a Roma.
L’attuale editore entra nel 1964 ed affida la direzione ad Antonio Ghirelli. Con lui, importanti innovazioni al quotidiano, traendo spunto dal forte impatto che esercitavano i nuovi mezzi di comunicazione di massa come radio e Tv. Rivoluzione nella grafica, titoli ad effetto e di grandi dimensioni, commenti e dossier.
L'8 novembre 2007 è stato ufficialmente lanciato il nuovo sito internet un vero portale di riferimento in cui è possibile aggiornarsi su tutte le notizie sportive a 360 gradi e in tempo reale. Il sito web è coordinato dal giornalista Pasquale Salvione.
[ Fabio Argentini ]
L'intervista è tratta da Primato, luglio 2020
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