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16.04.2021

Istituzionale

Le associazioni e il contributo a fondo perduto previsto dal ‘Decreto Sostegni’

Il protrarsi dell’emergenza epidemiologica ha complicato la situazione economica e finanziaria di tante attività imprenditoriali che, a distanza di oltre un anno dall’inizio della pandemia ed a causa delle restrizioni imposte, versano in condizioni di difficoltà evidenti. Ciò ha costretto il governo, sulla base dello scostamento di bilancio approvato in parlamento lo scorso mese di gennaio ad emanare un nuovo decreto – cosiddetto decreto sostegni – con l’obiettivo di aiutare il mondo imprenditoriale a sopravvivere in attesa della fine della crisi. Il decreto 41 del 22/03/2021 entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in gazzetta ha introdotto le nuove misure emergenziali. Tra le misure previste analizziamo quanto disciplinato dall’art.1 del decreto in commento.

Il contributo a fondo perduto – condizioni e limiti

La norma in questione introduce un contributo a fondo perduto a favore degli operatori economici titolari di partita iva che svolgano attività di impresa, arte o professione o producano un reddito agrario. Anche le associazioni e gli enti non commerciali in possesso di partita iva alla data del 23 marzo 2021 possono ricorrere a tale contributo, mentre ne restano esclusi tutti quegli enti non commerciali che svolgendo esclusivamente attività istituzionali non sono in possesso di partita Iva. Certamente questo costituisce una forte penalizzazione per tutti questi soggetti che, di fatto, sono stati completamenti esclusi da qualsiasi sostegno. Lungi dal voler commentare la scelta politica fatta dal governo italiano ma, magari auspicando futuri interventi a favore di tali enti associativi, analizziamo nel dettaglio quanto previsto dall’articolo 1 del su menzionato decreto con particolare riferimento al mondo delle associazioni e degli enti no profit.

Come anticipato il contributo spetta a tutte le associazioni che, in possesso di partita iva, svolgono, anche marginalmente, attività commerciale e che il volume dei ricavi commerciali non sia superiore a 10 milioni di euro. Tra i requisiti la norma prevede che la partita iva risulti attiva alla data di entrata in vigore della norma (23 marzo 2021) con la conseguenza che anche quanti avessero provveduto ad aprire la partita iva prima di tale data potranno richiedere il contributo.

Altra condizione che la norma in commento prevede e che tra l’anno 2019 e l’anno 2020, fatto salvo quanto specificheremo in seguito, sia avvenuta una contrazione dei ricavi. Il decreto prevede, infatti, che vada fatto un raffronto tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dei due anni e che tale importo con riferimento al 2020 sia inferiore di almeno il 30% rispetto al corrispondente importo dell’anno 2019.

Se tale condizione risulti verificata spetterà un contributo sulla base di una percentuale, da applicarsi sulla differenza delle due medie mensili individuate, e decrescente rispetto al volume dei ricavi commerciali prodotti relativamente al secondo periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 23 marzo 2021. Di seguito riportiamo la tabella recante le percentuali applicabili per limiti di fatturato.

 

Percentuale applicabile    
Ricavi / compensi II periodo d’imposta precedente
60%    ricavi o compensi ≤ 100.000 euro
50%    100.000 euro < ricavi o compensi ≤ 400.000 euro
40%    400.000 euro < ricavi o compensi ≤ 1 milione di euro
30%    1 milione di euro < ricavi o compensi ≤ 5 milioni di euro
20%    5 milioni di euro < ricavi o compensi ≤ 10 milioni di euro
L’importo del contributo non può superare, per espressa previsione di legge, l’importo di € 150.000 mentre è garantito il minimo erogabile pari a € 1.000 per le persone fisiche ed € 2.000 per le società e gli altri enti. Tutte le associazioni che rispettino le condizioni su menzionate percepiranno, dunque, un contributo di almeno 2.000 euro.
 

Precisa la norma, inoltre, che quanti abbiano aperto la partita iva successivamente al primo di gennaio 2019 il contributo spetti a prescindere dalla presenza o meno del calo di fatturato. In tal caso se il raffronto evidenzierà un calo di almeno il 30% il contributo sarà determinato sulla base delle percentuali su indicate. Se il raffronto evidenzierà un calo inferiore o nel caso di assenza di calo sarà comunque garantito il contributo minimo. Analogamente per tutte le associazioni che avessero provveduto all’apertura della partita iva a partire dal 01/01/2020, non essendo possibile alcun raffronto, sarà garantito loro il contributo di € 2.000.

La richiesta del contributo va inoltrata, telematicamente direttamente dagli interessati o tramite intermediari abilitati, all’Agenzia delle entrate mediante l’apposita istanza prevista con provvedimento del direttore dell’Agenzia a partire dal 30 marzo ed entro il 28 maggio 2021. I richiedenti potranno scegliere se avere riconosciuto il contributo mediante accredito sul proprio conto corrente o trasformare lo stesso in credito d’imposta da utilizzare in compensazione mediante la presentazione di modello F24.

Facciamo qualche esempio

Ritengo, a questo punto, utile fare qualche esempio per meglio comprendere le modalità di calcolo del contributo a fondo perduto:

Esempio 1 – Supponiamo di essere in presenza di un’associazione, con partita iva aperta prima del 01/01/2019, che abbia prodotto ricavi commerciali per € 120.000 nell’anno 2019 e € 30.000 per l’anno 2020. La rispettiva media mensile è pari ad € 10.000 ed € 2.500. E’ presente, pertanto, il calo di almeno il 30% ed essendo il ricavo del secondo periodo d’imposta antecedente la data di entrata in vigore della norma pari a € 120.000 si applicherà la percentuale del 50% sulla differenza delle medie (€ 7.500) determinando un contributo pari ad € 3.750.

Esempio 2 – Ripetendo il ragionamento su importi pari a € 120.000 per l’anno 2019 e € 90.000,00 per l’anno 2020 pur il raffronto evidenziando un calo di fatturato questo non è tale da raggiungere la soglia del 30% prevista e, pertanto, l’associazione in questione non potrebbe richiedere il contributo. Se, però, l’associazione avesse aperto la partita iva successivamente la data del 01/01/2019, ad essa sarebbe garantito, comunque, almeno il contributo minimo di € 2.000. Nel caso in specie nel calcolare la media dell’anno 2019 bisogna tener conto dei mesi successivi rispetto a quello di apertura. Supponendo che la partita iva sia stata aperta il 10/04/2019 i mesi da considerare nel calcolo della media sono 8, questa risulta essere pari ad € 15.000 (120.000:8) e pertanto, ripendo i calcoli, l’associazione avrebbe diritto ad un contributo di € 3.750.

Esempio 3 – Infine supponiamo che una associazione abbia aperto la partita iva a gennaio 2020 e fatturando nello stesso anno ricavi per € 90.000. Non è possibile in questo caso alcun raffronto ma è garantito comunque il contributo minimo di € 2.000.

Gli istruttori titolari di partita iva

Infine, rimanendo sempre in tema di sport ma concentrandoci sugli istruttori titolari di partita iva, va evidenziato come anche questi possano richiedere il contributo in questione con le stesse modalità di calcolo precedentemente visti. Unica differenza, per questa categoria di soggetti, è che il contributo minimo spettante è di € 1.000 e non di € 2.000 come le società e le associazioni. Piuttosto, mi sembra interessante ricordare, come gli autonomi dello spettacolo in possesso di partita iva possano cumulare più bonus. Per essi, oltre il contributo in commento, è possibile richiedere il contributo previsto dall’articolo 10 del decreto 41/2021 che, ricordiamo, prevede l’erogazione, una tantum, di un’ulteriore indennità pari a 2.400 euro.
 

[  Mario Rapisarda  ]
Consulente del Lavoro, esperto nel settore sportivo
 
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