09.12.2020
Istituzionale
La Sardegna degli Enti di Promozione Sportiva non si piega ad un ruolo di secondo piano
3000 associazioni iscritte per un totale di quasi 150.000 atleti tesserati: questi i numeri dello sport dilettantistico in Sardegna. E sono loro, popolo dello sport, significativo nei numeri e nelle azioni quotidiane di lavoro e spesso anche di volontariato, che non ci sta a essere classificato di Serie B; sono loro a levare la voce in rappresentanza di cittadini di tutte le età e di tutte le categorie sociali dediti a vario livello all’attività motorio sportiva e ludico-ricreativa. Troppo spesso subordinati “d’ufficio” alle Federazioni, oggi si uniscono per ottenere un riconoscimento tangibile della loro opera di diffusione dello sport e delle buone pratiche a favore della salute del singolo, sempre più spesso vicine anche ad aspetti di rilevanza sociale. Forti di una coesione tra Presidenti regionali, inneggiano all’interesse comune (quello dello sport) sottoscrivendo un unico protocollo che unisce tutte le sigle presenti nella regione: ASI, CSEN, UISP, LIBERTAS, PGS, ASC, CSI, ENDAS, AICS, CSAIN, ACSI, OPES e MSP.
Compatti in un'unica voce, gli Enti di Promozione Sportiva rappresentati in Sardegna, attraverso una cordata dei loro Presidenti regionali, all’unisono, dopo l’estate hanno fatto risuonare le proprie voci in una sola: presentato un emendamento per la Finanziaria regionale, chiedono 800.000 euro l’anno a fronte dei 75.000 attualmente erogati dalla Regione, che cozzano vistosamente contro i 4,5 milioni destinati alle federazioni. Passo ormai necessario è la modifica della legge 17 che regola lo sport in Sardegna e che necessita di adeguamento strutturale su base triennale per riequilibrare il peso finanziario degli interventi regionali in materia di sport erogati in favore delle federazioni sportive rispetto a quelli erogati in favore degli enti di promozione sportiva.
La risposta unita dello sport di base sardo a chi lo taccia di interessi diversi e di inferiorità rispetto a quello delle federazioni, è chiara ed è tutta nei requisiti fissati per l’ammissione ai finanziamenti che garantiscono di per sé una trasparente attività sportiva: avere una sede regionale e almeno due provinciali attive; destinare una quota del 60% dei fondi assegnati a progetti di attività motorio sportiva non agonistica e ludico-ricreativa, finalizzati a garantire il diritto al movimento ai cittadini di tutte le età e di tutte le categorie sociali; destinare poi una quota del 10% alla formazione e del 25% all’organizzazione di manifestazioni a carattere regionale.
Blindato in questo modo il concetto di sport e garantitane l’efficienza, alla base delle richieste rimane la rivendicazione del mondo amatoriale di vedersi riconosciuto in maniera tangibile il grande lavoro di diffusione della pratica sportiva che, al di là degli ori olimpici che rimangono appannaggio delle federazioni, raccoglie i consensi della popolazione in termine di numeri e di coinvolgimento: il tutto meritandosi il plauso della platea sportiva intera, compresa quella federale, che spesso, in seconda battuta, beneficia dell’operazione di diffusione dello sport compiuta proprio dagli EPS.
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