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25.05.2018

Istituzionale

All’Italia manca una legge quadro sullo sport

Cosa manca all’Italia? Se ciascuno di noi potesse dare una propria risposta, siamo sicuri che avremmo un lungo elenco di cose da scorrere, differenti tra loro. Ciascuna di queste risentirebbe dell’influenza del proprio ambiente di vita e delle storie individuali.
Ecco perché, se fossimo noi di ASI a dover rispondere, diremmo che, pur consapevoli della gravità dell’attuale quadro politico e delle emergenze del Paese, come operatori del settore sportivo continuiamo a registrare la mancanza di una legge quadro che disciplini lo sport.

Si tratta di una necessità indifferibile, sulla quale da tempo notiamo la convergenza ‘verbale’ della maggior parte degli attori del sistema sportivo, salvo poi renderci conto del mancato avvio di un vero e proprio processo legislativo, fondato sull’analisi e sulla partecipazione di tutti i principali protagonisti, per arrivare ad una vera e propria proposta.

Come mai si protrae questa paralisi? Come mai il legislatore preferisce frammentare la disciplina sportiva in un corpus di leggi disomogenee, non organiche per indirizzo politico e impostazione?

Già perché, sebbene una legge quadro sia lontana dall’essere emanata, altri provvedimenti rilevanti per il nostro mondo sono stati varati. Si guardi, ad esempio, l’ultimo più importante a livello temporale: la riforma del terzo settore. Sebbene questa non faccia esplicito riferimento alle attività sportive, nel prevedere la creazione del nuovo soggetto delle ‘società lucrative di scopo’, avrà un impatto importante sul tessuto dell’associazionismo sportivo dilettantistico. Di quali dimensioni non è però ancora dato saperlo. La sua attuazione è, infatti, rimandata ad una serie di ulteriori decreti applicativi, in gran parte non ancora emanati. Non solo, al suo interno la riforma contiene la possibilità che entro un anno venga emanato un decreto correttivo, in grado di modificare anche in maniera rilevante il contenuto nel frattempo approvato.

Paradossale direte voi. No, reale diciamo noi – con amarezza. E questo è u solo caso. L’ultimo, capace di farci ricordare tutta la sequela di dispositivi più o meno ampi, e più o meno coerenti tra loro, andati a comporre il quadro normativo di riferimento.

I cosiddetti provvedimenti ‘spezzatino’ con cui il decisore pubblico è intervenuto, infatti, hanno finito per aggiungere confusione ad un quadro legislativo già frammentato, parziale e privo di un’idea di sistema. Manca la chiarezza e la rotondità di una proposta in grado di far diventare lo sport quello che realmente è per DNA: un fattore che accomuna realtà anche diverse e genera impulso al benessere, all’inclusione e alla crescita.

Ecco perché, proprio in questo momento di difficoltà del Paese, cogliamo l’occasione per tornare a chiedere a ciascuno di abbandonare i propri alibi e di lavorare per una riforma imperniata su una visione olistica e sistemica dello sport. Sappiamo bene l’impegno richiesto da un siffatto impianto normativo, ma siamo convinti che solo non limitandoci ad una visione sterile dello sport, ma complessa – ovvero agganciata ad aspetti legati alla salute, al welfare, al lavoro, all’istruzione, allo sviluppo economico – potremo garantire una chance in più alla nostra Italia.

Ne immaginiamo i nodi fondamentali: la definizione dello sport come diritto individuale e come indispensabile mezzo capace di concorrere al benessere psico-fisico del cittadini; la definizione del dilettantismo in positivo e la modifica di tutti quegli aspetti giuslavoristi collegati; la revisione strutturale del modello CONI-centrico; il cambiamento della normativa legata all’insegnamento dell’educazione fisica nel percorso formativo italiano.

Proprio perché crediamo nello sport come fattore di crescita e sviluppo siamo qui oggi a chiedere nuovamente l’impegno da parte di tutte le forze politiche, e non solo, di convergere per lavorare ad un provvedimento grazie al quale – ne siamo certi – la nostra Italia potrebbe tornare ad unirsi e a riprendere il percorso ambizioso della crescita.

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