16.04.2020
Istituzionale
Abbonamenti delle palestre? Nasce un tavolo tra consumatori e strutture
Accanto alle disdette turistiche, ai problemi con la retta scolastica e le difficoltà a pagare la rata del finanziamento, l’emergenza Covid19 sta generando una serie di micro-contenziosi per tutti quei contratti attivati dai consumatori prima delle misure di contenimento e che oggi non posso avere esecuzione. Tra questi, non è secondario il conflitto con la palestra e più in generale con tutti quei servizi in qualche modo collegati al wellness.
Capofila di questo tavolo, che rappresenta oltre 3.300 strutture, è Fitness Network Italia insieme con l'Unione Nazionale Consumatori.
Sabato 11 aprile hanno partecipato alla video conference del Tavolo Nazionale per il Wellness patrocinato da ASI Nazionale, avviando un tavolo di lavoro con l’obiettivo di ottimizzare i rapporti tra le strutture e i consumatori con particolare attenzione alla prevenzione dei possibili contenziosi che potrebbero sorgere a causa del protrarsi della chiusura dei Club causata dal Coronavirus.
Primo passaggio fondamentale è stato quello di identificare sotto un’unica denominazione la pluralità di soggetti rappresentati al Tavolo per il Wellness: palestre, piscine studi personal trainer, fitness&wellness club, boutique club, centri sportivi, centri per la salute, impianti natatori e simili, anche nelle moderne versioni digitali, in streaming e on demand. Un asset strategico per il Paese, per la prevenzione e l’abbattimento delle spese del Servizio Sanitario Nazionale, che in Italia produce 4.7 miliardi di euro all’anno.
Un settore, quello del Wellness, che esiste sin dagli anni ’70 quando il medico Jhon Travis aprì in California nel 1975 il primo Wellness Center della storia. Un Settore che però in Italia fino ad oggi non è mai stato ben rappresentato ma che da oggi, con l’Osservatorio Wellness per i diritti dei consumatori, punta ad un livello più alto aumentando le tutele a favore dei propri utenti. Entro pochi giorni infatti il Gruppo di Lavoro bilaterale predisporrà delle linee guida condivise per prevenire tensioni e gestire eventuali criticità che dovessero sorgere tra gli utenti e le strutture nell’intento di assicurare ai clienti livelli elevati di tutela valorizzando altresì gli operatori che aderiranno all’Osservatorio Wellness.
Dona: "Un fronte comune per assicurare elevati standard di tutela del consumatore".
“Quello con i centri per il wellness è un contenzioso che rischia di divampare a danno dei consumatori (molti dei quali legati da contratti di finanziamento), ma anche degli stessi operatori del settore ed è proprio per questo – afferma l’avv. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – che siamo al lavoro per attuare soluzioni conciliative che, senza pregiudicare in alcun modo i diritti degli utenti, consentano una prosecuzione del rapporto grazie ad incentivi da destinare alla clientela. C’è ancora molto lavoro da fare, ma nei prossimi giorni sapremo se il settore è capace di fare fronte comune per assicurare elevati standard di tutela del consumatore”.
[ Fabio Argentini ]
Non bastava la chiusura prolungata degli impianti e non bastavano l’incertezza sui tempi della riapertura né la consapevolezza che la ripresa sarà comunque condizionata al rispetto doveroso di misure anticontagio: per i gestori di associazioni e società sportive, che in una situazione di carenza di liquidità già devono sostenere costi fissi come affitti, mutui o termini di pagamento non prorogati, si prospettano all’orizzonte nuovi fronti di preoccupazione.
Come comportarsi di fronte a tali pretese? Si è obbligati a restituire le quote? Ci sono soluzioni alternative?
Per rispondere a questi interrogativi e cercare di chiarire i dubbi dei sodalizi sportivi è utile in primo luogo richiamare il concetto di associato e tesserato, valutare il contenuto e le modalità di erogazione della prestazione sportiva dilettantistica nonché il concetto di prestazione impossibile e le implicazioni sulla responsabilità contrattuale. Ma andiamo con ordine.
Associati – tesserati – utenti
Lo status di associato o socio dell’associazione deriva dal perfezionamento del contratto associativo secondo le modalità stabilite dallo statuto; comporta l’acquisizione di una serie di diritti e di doveri previsti dallo statuto anche nel recepimento delle clausole contenute nell’art. 90 L.289/02 e nell’l’art.148 comma VIII Tuir (effettività del rapporto associativo, diritto di voto in assemblea per l’approvazione del bilancio, diritto di elettorato attivo e passivo per le cariche associative e così via).
Il rapporto associativo è fondato sul contratto di associazione che è un contratto con comunione di scopo e non un contratto di scambio; pertanto l’associato non può qualificarsi come consumatore nei confronti del sodalizio cui ha aderito e di cui condivide scopi e finalità.
I contributi versati dal socio non sono mai rimborsabili per definizione, in nessun caso, né al momento del recesso né allo scioglimento dell’associazione come previsto dagli articoli 24 e 37 del Codice Civile.
La regola vale innanzitutto per la quota di adesione annuale e per il rinnovo.
Quanto all’importo versato a fronte della partecipazione alle attività – ad esempio per la partecipazione ad un corso – va innanzitutto verificato come lo statuto e/o il regolamento abbiano disciplinato tale emolumento: se la somma ancorché da versarsi a rate si qualifica come contributo associativo integrativo annuale o per l’intera attività, viene determinato in funzione dei costi anche fissi che l’associazione deve sostenere per realizzare le attività istituzionali e comunque quale contributo associativo finalizzato a sostenere l’associazione nel perseguimento delle finalità istituzionali condivise da tutti gli aderenti, si può affermare che anche tale versamento abbia la natura di contributo e pertanto non sia rimborsabile.
Diverso invece il caso di tesserati, nelle associazioni o nelle s.s.d., con i quali si instaura un rapporto di altra natura: sotto il profilo che ci occupa, possono essere considerati utenti in quanto destinatari dell’erogazione di servizi sportivi, seppure con qualche riserva. Essi infatti, pur non essendo soci del sodalizio, instaurano un rapporto atipico, non necessariamente e non sempre classificabile come accordo di scambio sul presupposto che richiedendo il tesseramento, hanno inteso svolgere l’attività sportiva in modo continuativo, secondo regole prefissate della disciplina praticata e sono quindi entrati a far parte dell’ordinamento sportivo in un contesto che esula dall’ambito dei servizi commerciali. Se ne trova conferma anche nei contenuti del Registro 2.0 che richiede l’inserimento dei partecipanti alle attività didattiche e sportive. Ma non è questa la sede per approfondimenti sulla natura del tesseramento.
Sul piana pratico, focalizzando l’attenzione sulle singole prestazioni – come ad esempio l’acquisto di un pacchetto di lezioni o di ingressi in palestra, l’abbonamento mensile, l’iscrizione a un corso bimestrale di tennis o di nuoto – è inevitabile che le si debba qualificare come controprestazioni in relazione ad un rapporto contrattuale di scambio, ancorché defiscalizzato ai sensi dell’art. 148 comma 3 TUIR.
In tale contesto quindi i beneficiari di tali prestazioni – tesserati non soci ma potenzialmente anche i soci quando difetti la natura associativa del contributo – possono essere qualificati come utenti nel significato attribuito dal codice del consumo e vedersi riconosciuti i diritti loro spettanti.
Impossibilità della prestazione: definitiva o temporanea?
I vademecum e la modulistica messi a disposizione dalle associazioni di consumatori fondano la richiesta di rimborso sull’art.1463 del Codice Civile che disciplina gli effetti dell’impossibilità della prestazione sui contratti a prestazioni corrispettive stabilendo che la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta.
Nel nostro caso, per semplificare, se gli utenti non possono usufruire del corso/abbonamento durante il periodo di chiusura del centro sportivo potranno chiedere la restituzione dell’importo versato, salvo che siano state accettate e sottoscritte particolari clausole nel regolamento che dispongano diversamente per il caso di forza maggiore ( prevedendo ad esempio la possibilità di sospendere e recuperare o di utilizzare buoni sostitutivi, in tutto o in parte). In tal caso, trattandosi di clausole vessatorie, si dovrà compiere una valutazione caso per caso per verificarne la validità nel rispetto dei principi stabiliti dal Codice del Consumo e in base al requisito della c.d. doppia firma prevista dall’art.1341 del Codice Civile.
In assenza di clausole o in presenza di clausole invalide, è quindi riconosciuto all’utente il diritto alla restituzione di quanto versato. Bisognerebbe tuttavia valutare se la prestazione sia definitivamente o solo temporaneamente impossibile: infatti considerato che l’impossibilità di ricevere la prestazione non è definitiva ma limitata nel tempo e legata alla durata delle misure di contenimento, si può invocare il dettato dell’art.1256 comma secondo del Codice Civile che esclude la responsabilità per inadempimento quando il ritardo sia dovuto a causa non imputabile all’obbligato (e non vi possono essere dubbi che la chiusura dell’attività per factum principis renda oggettivamente, seppure temporaneamente, impossibile lo svolgimento delle attività per causa non imputabile ai sodalizi sportivi).
E’ quindi possibile in questi casi attuare una sospensione dell’abbonamento/corso che andranno poi recuperati con la ripresa delle attività, sempre che l’utente abbia interesse a usufruirne successivamente. Viene qui in risalto non solo la posizione del socio – nelle ipotesi in cui possa applicarsi il codice del consumo – ma anche quella del tesserato; entrambi, per definizione, svolgono attività organizzata non occasionale, e quindi ben potrebbero mantenere l’interesse a recuperare abbonamenti e lezioni in un momento successivo a seconda della tipologia di corso o di attività.
Quali soluzioni alternative al rimborso?
Oltre alla possibilità di sospensione dell’abbonamento, per evitare la restituzione delle somme, che inevitabilmente andrebbe ad aggravare la carenza di liquidità del sodalizio, si potrebbe utilizzare la soluzione dei c.d. voucher previsti dal Decreto Cura Italia (art.88 D.L. n.18/20) per i contratti di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura: vanno emessi su richiesta dell’utente e utilizzati entro un anno.
Ancora: l’organizzazione di attività didattiche e sedute di allenamento a distanza – dove possibili – possono configurarsi come sostitutive delle attività non usufruite e quindi utili a contrastare la richiesta di rimborso; si ritengono idonee in particolare in presenza di clausole, validamente accettate e sottoscritte, che riservano all’a.s.d./s.s.d. la variazione dei programmi di attività e delle modalità di gestione delle stesse.
Quali responsabilità in caso di mancato rimborso?
L’associazione o società sportiva che riceve la richiesta di rimborso, valutate tutte le circostanze del caso concreto, dovrà possibilmente ricercare una soluzione condivisa con i propri associati e tesserati che possa garantire il contemperamento delle reciproche esigenze e proporre sospensioni, recuperi, voucher totali o parziali, compatibili con la sostenibilità finanziaria dell’ente, ma anche richiamare i frequentatori del centro ad un senso di solidarietà e appartenenza auspicando – quanto meno da parte dei soci – una piena collaborazione, sul presupposto che essi si sono impegnati a versare i contributi non in funzione di una specifica controprestazione ma per sostenere le attività dell’ente e la diffusione della promozione sportiva dilettantistica.
La soluzione bonaria è sempre raccomandata per evitare i costi e l’alea di un giudizio che, se promosso con azioni collettive supportate dall’assistenza delle associazioni di consumatori, può diventare particolarmente gravoso per il gestore del centro sportivo.
In mancanza di accordo, quando sussistono le condizioni per il diritto alla restituzione dell’importo, il gestore che non vi provveda risponde a titolo di responsabilità contrattuale per inadempimento con conseguente obbligo al risarcimento del danno. Tuttavia la situazione emergenziale, riconosciuta espressamente come causa di forza maggiore dall’art.3 comma 6bis del D.L. 23/2/2020, può essere valutata ai fini della liberazione del debitore purché, trattandosi di pagamento di somme di denaro, sia dimostrata l’impossibilità oggettiva di disporre con la dovuta diligenza di sufficienti risorse finanziarie.
L’analisi delle norme codicistiche non consente dunque di dare risposte univoche ma offre una base su cui costruire soluzioni adatte alle circostanze del caso soprattutto per le s.s.d. e più in generale per i rapporti con i tesserati. Quanto ai soci delle a.s.d., l’auspicio è che a fronte di tali argomentazioni possano ricordare di essere prima associati che consumatori.
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