19.08.2020
Sport
| Ciclismo
Un sorriso di speranza in sella ad una bici
Alessandro Mucci ha portato la bandiera di ASI per cinque regioni, nei luoghi del Centro-Italia colpiti a più riprese dal sisma. Milleduecento chilometri percorsi per un ‘tour’ dal grande significato simbolico
Dieci tappe, cinque regioni attraversate, 1200 chilometri percorsi, da San Donato Val di Comino toccando luoghi simbolo e tristemente famosi per gli ultimi, terribili, terremoti: Norcia, Visso, Ussita, Castelsantangelo sul Nera, Accumuli, Arquata del Tronto, Amatrice e L’Aquila. Un viaggio in solitudine e totale autonomia, in bicicletta, una borsa al seguito e un progetto di raccolta fondi. Il protagonista di questa piccola impresa è Alessandro Mucci, triatleta, ex rugbista e, attualmente Social Media Manager freelance con la passione per la bicicletta. E del settore ASI è anche ambasciatore responsabile del gruppo di lavoro "promozione iniziative benefiche collegate alla bicicletta".
“Ho deciso di partire alla volta del Centro Italia, nelle zone colpite dai terremoti degli ultimi anni, per un progetto che mi ha percorrere circa 1200 km con oltre 21.000 metri di dislivello. Devolvendo l’intero ricavato di questa iniziativa – sottolinea Alessandro – all’AIRC (Associazione Italiana Ricerca Cancro)”.
"Mucci è un atleta importante e di grande sensibilità che si sposa con la nostra intenzione di curare le iniziative di solidarietà", spiega Gino Iaculli, Responsabile del settore nazionale.
Alessandro, come è andata?
“1200 km in bicicletta in totale autonomia con oltre 20.000 metri di dislivello nelle zone terremotate del Centro Italia per la lotta sui tumori.
Sono partito da San Donato Val Comino, un delizioso borgo in Ciociaria perché quest’anno ho voluto ribadire il concetto molto importante di vacanze #InItalia. Ma non quella Italia, stupenda ma un po’ convenzionale, piuttosto quella parte di Italia inesplorata ma dalle mille risorse.
Allora eccomi qui a pedalare da solo in una terra magica, che io stesso conosco perché di origine abruzzese”.
Perché questo viaggio?
“Ho deciso di intraprendere questo viaggio perché a gennaio 2020 mia mamma purtroppo si è ammalata di un tumore molto brutto al pancreas. Tra la quarantana e la sua malattia ho maturato questa folle idea che ho deciso di realizzare appena possibile. Sono molto contento di come sia andato il mio viaggio e sono fiero di aver rappresentato ASI in queste zone tristememente famose.
A questo proposito mi sento in dovere di dover ringraziare Gino Iaculli per avermi accolto nella famiglia ASI.
La chiamata di Gino mi è rimasta molto impressa perché è la testimonianza vivente che se ad una cosa credi davvero, quella poi si realizza e delle volte si realizza ancora più bella rispetto a quello che ti eri aspettato.
Spero già solo con questo concetto di poter trasmettere un messaggio di resilienza a non arrendersi mai, ma anzi ad impegnarsi sempre a fondo su qualcosa perché prima o poi, come è successo a me, le cose si realizzano”.
Che esperienza è stata?
“Molto dura dal punto di vista fisico perché, oltre alla difficoltà intrinseca della mia avventura, ho trovato anche molto caldo lungo il percorso.
Anche in questo caso però tendo a vedere il bicchiere mezzo pieno. Dopo la malattia di mamma, che per fortuna non ho aggiunto ma sta abbastanza bene considerando quello che le è stato diagnosticato, ho cambiato proprio il modo di vedere le cose. Tendo sempre a ricercare gli aspetti positivi nelle cose piuttosto che quelli negativi. Ed in questo caso devo dire che sono stato fortunato a trovare bel tempo perché sicuramente con la pioggia le cose sarebbero state molto più complicate. Almeno in questo caso ci ho guadagnato una bella tintarella in omaggio.
Scherzi a parte, sono fiero di aver portato il mio messaggio di speranza in queste meravigliose zone. I tumori colpiscono ogni anno oltre 350.000 persone ma non dobbiamo mai arrenderci perché la malattia non vince finché la testa continua a dare battaglia”.
E le emozioni legate al fatto di aver attraversato i luoghi simbolo dei terremoti degli ultimi anni.
“Sicuramente se non fosse stato per questo viaggio non avrei mai visitato quelle zone e non mi sarei mai reso conto con i miei occhi della reale situazione. A 4 anni dal terremoto di Amatrice, ed a ben 11 da quello di L’Aquila, la situazione è ancora molto complicata. In alcuni punti le strada hanno appena riaperto, le macerie non sono state tolte ovunque e di ricostruzione (eccezione per L’Aquila) non se ne parla.
Ho provato una sensazione molto strana attraversando quei luoghi perché mi è sembrato come se fosse appena successo il terremoto, invece sono passati già 4 anni”.
In Abruzzo le tue origini
“A L’Aquila la situazione per fortuna è un po’ diversa perché di anni ne sono passati ben 11. Però anche li ho trovato una grande difficoltà. Le gru crescono come funghi nel centro storico anche se ad oggi mi è stato detto che circa il 40% degli edifici è stato ricostruito".
Ho inoltre attraversato la tristemente famosa Rigopiano in cui sono morte 29 persone a causa della valanga.
"Ho scalato alcuni dei passi appeninici più famosi nel ciclismo, su tutti vale menzionare Terminillo, Campo Imperatore e Blockhaus. Cime mai affrontate. Ho ripercorso le curve e i tornanti che hanno fatto la storia del Giro. Pantani nel ’99 a Campo Imperatore ha fatto una magia. Forse un po’ anche io perché mentre salivo con la nebbia. Non si vedeva a 20 metri…
Terminillo è stata la più dura. Giornata caldissima. Salita interminabile. Quando arrivi a 1900 metri, paesaggio dolomitico, è qualcosa di speciale".
Hai portato la bandiera ASI in quei luoghi simbolo
“E’ stata sempre con me e ho scattato una foto di fronte alla basilica di Norcia. Sono felice di questo viaggio, sono felice del supporto ricevuto da ASI, sono felice della fantastica accoglienza e dell’ospitalità che ho trovato e spero davvero nel mio piccolo di aver contribuito a portare un messaggio importante. Insieme ad ASI”.
[ Fabio Argentini ]
L'intervista è tratta da Primato, luglio 2020
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