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23.02.2022

Terzo Settore

Nel segno della tradizione

UFI, Unione folclorica Italiana.

La storia d’Italia è da sempre costellata da un’incredibile varietà di popoli. D’altronde Roma fu grande proprio per questo. Per la capacità di lasciare ai popoli conquistati un grande spazio di libertà per mantenere le proprie tradizioni. Tra i tanti, a smentire il luogo comune di un impero “feroce”, proprio l’antropologo Peter Wells nel suo libro “La parola ai barbari” in cui spiega come i popoli conquistati abbiano effettivamente disegnato l’Europa. Ed è proprio questo aspetto, attualizzato chiaramente, che ha mosso nel 1984 undici gruppi italiani di lontana tradizione a fondare l’Unione Folclorica Italiana. Il desiderio era (ed è) quello di valorizzare e mantenere le tradizioni popolari, nel campo della musica, del canto, dei costumi e della danza, che presenta una ricchezza incommensurabile nelle varie regioni italiane e nelle zone all’interno delle stesse.

Per raccontare nel particolare l’attività dell’unione, affiliata ad ASI, abbiamo deciso di incontrare il suo Presidente Beniamino Meloni.

Quali sono le azioni principali dell’UFI?
“L’azione principale è quella di dare supporto a tutte le associazioni. Siano esse gruppi folcloristici, cori o formazioni etnomusicali. Oltre all’assistenza di segreteria amministrativa, organizziamo annualmente un UFI Fest -festival di balli canti e musiche tradizionali nazionali. L’Unione si impegna inoltre a erogare dei contributi rivolti al gruppo territoriale che, di anno in anno, decide di prendersi l’incarico di ospitare il festival”.

Come e perché nasce l’UFI?
“L’UFI nasce nel 1984 da un ristretto gruppo di persone rappresentanti dei gruppi folcloristici di grande tradizione italiana dando vita alla federazione che, dal 2001, diventa anche organizzazione dotata di personalità giuridica”.

Perché ASI?
“Abbiamo fatto questa scelta in un momento particolare (durante la pandemia, ndr). Con l’adeguamento del Terzo Settore c’è stata la necessità di avere un supporto maggiore e più specializzato sotto questo punto di vista. Per questo siamo entrati in ASI e non vediamo l’ora di poter fattivamente cominciare a collaborare con la ripresa del settore”.

Nel 2019 è stata istituita la Giornata Nazionale del Folklore. Una vostra vittoria…
“Più che una vittoria di UFI è una vittoria di tutto il mondo delle tradizioni e speriamo che si continui a festeggiare negli anni a venire. La Giornata è una manifestazione trasversale voluta da tutti i gruppi appartenenti alle varie federazioni e speriamo che, anche il nostro mondo, possa avere sempre più ascolto nella politica e nel governo”.

Qual è, per lei, l’importanza di mantenere vive le tradizioni?
“Mantenere vive le tradizioni è fondamentale perché nel passato ci sono le radici per il futuro. Senza girarci indietro non sapremmo chi siamo e da dove veniamo. Questo è il nostro vero obiettivo, è il pensiero che ci muove nella nostra attività. Così facendo, per altro, riusciamo a dare man forte alle istituzioni”.

In che senso un aiuto alle Istituzioni?
“Nel senso che senza l’attività dei nostri gruppi molte degli usi e dei costumi tradizionali del nostro paese si sarebbero senz’altro persi. Questo aspetto genera comunque coesione, cultura e identità. A spiccare, però, è l’aspetto della socialità. Siamo delle associazioni, ci incontriamo due o tre volte alla settimana e riusciamo ad essere per molti giovani una grande scuola di vita”.

 

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